Sarebbe fuorviante suggerire la visione di questo film argomentando che si tratta di un bel western. Molti ingredienti di quello specifico genere cinematogtafico effettivamente ci sono, a cominciare dall’ubicazione geografica – l’Oregon -, dalla carovana di tre famiglie di pionieri, passando per le attraversate del deserto e l’inquietante presenza di pellerossa nei paraggi. Più appropriato sarebbe consigliarne la visione parlando di un proto-western, un pre-western o, se si vuole, un “prequel” del genere. Siamo all’indomani della guerra d’indipendenza americana contro gli Inglesi, non siamo ancora nell’Ottocento. In quel confine del mondo conosciuto non ci sono ancora eserciti, non ci sono ancora i cowboys futuri protagonisti dell’epopea, i cavalli, gli scontri barbarici con gli Indiani. No, qui siamo nel deserto, in luoghi ancora non disegnati sulle carte geografiche; qui ci si perde, si perde l’orientamento, ci si affida ad una presunta guida, ambiguo personaggio con barba e capelli lunghi, addobbato alla Davy Crockett. I carri che trasportano famiglie, acqua e vettovaglie sono trainati da giovenche e muli. I fucili per difenderssi da eventuali quanto improbabili aggressori sono ancora di quelli che si puliscono e ricaricano dopo ogni singolo sparo. Il genere western è di là da venire. Lungo il suo percorso, la carovana trova oro, ne trova tanto, ma non ha alcun mezzo per raccoglierlo, né saprebbe dove portarlo. Il vero oro è l’acqua, la cui carenza accompagna inplacabilmente l’intero film. L’incontro con i pellerossa c’è, ma è l’incontro con uno solo di loro, un bel ragazzo con vistosa cicatrice sulla spalla sinistra. Nessuna comunicazione verbale possibile, ma il prigioniero non può non avere anch’egli bisogno di acqua. I sequestratori si mettono a seguire il malcapitato indiano, senza rendersi conto che si è perso quanto loro...
L’operazione antropolico-culturale degli autori è riuscita ed è indubbiamente molto istruttiva, ma può lasciare perplesso chi identifica il genere western con un cinema avventuroso, pieno di conflitti e regolamenti di conti. Qui siamo su un altro pianeta. Ci si addentra nella rocambolesca vita quotidiana di persone reali, lontanissime dagli eroi e dai dannati, dai buoni e dai cattivi, degli Indiani che si difendono dai cowboys. L’assenza di azione è mirabilmente colmata dalla splendida fotografia di paesaggi immensi e sperduti. La lentezza di alcune scene è riscattata da scenari insoliti, nei quali anche lo spettatore finisce dolcemente per naufragare.
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