Regia di Takashi Miike vedi scheda film
Giappone feudale. Naritsugu, un signorotto carogna fino al midollo, fratello dello Shogun locale, maramaldeggia indisturbato fino a che i saggi (saranno saggi ma ci mettono una vita a capirlo) decidono che va fatto fuori.
Ci dovrà pensare lo stagionato samurai Shimada, che mette su un manipolo di scalpitanti ardimentosi, alcuni gnoccherelli alla prima esperienza, altri scafati, ed altri ancora - come il fratello, un prototipo di videopoker dipendente - ai quali non avresti messo in mano neanche una cerbottana.
Questo “mucchietto selvatico” targato Takashi Miike, che dell'originale “Mucchio” di memoria hollywoodiana, evocato da diversa illustre utenza, conserva, in realtà, appena l'ombra; arriva al momento clou fuori tempo massimo dopo che la pellicola disserta in lungo ed in largo su strategie, lotte intestine e trattati di etica politica ed antropologica (il ghigno di Shimada alla vista della contadina ridotta per sfregio a tronco umano da Naritsugu, è da studio psichiatrico), fino agli oltre quaranta minuti di battaglia finale, a tratti irrealmente ridicola, (duecento soldati contro 12 samurai e mezzo - dove questo mezzo è un contadino cacciatore di conigli che guiderà il drappello fuori dalla foresta dove si erano persi -, non possono soccombere, ma ancor meno cosi insensatamente), che sfianca tutta la buona volontà dello spettatore non accecato dalla Elevatissima Cinematografia Nipponica.
Esemplari, in tal senso, le scene di combattimento dove, per sottolinearne la drammaticità, gli episodi che riguardano i singoli duelli dei nostri eroi (sempre uno contro una quindicina di nemici comunque) vengono settorizzati in spezzoni strutturati elementarmente evidenziando solo una regia svogliata e la pirlaggine dell’esercito di Naritsugu che si fa impapocchiare da una dozzina di uomini neanche troppo fenomeni. Tutto da ridere .
E di (s)frammenti cosi se ne contano a bizzeffe a discarico di una credibilità già precaria.
Dico solo che se devi condire un combattimento di melodramma, non lo fai durare una vita; cosi eviti cadute di tono e scene che neanche i maestri d'armi degli svariati Cinque dita di violenza e compagnia bella, in quanto a sciocchezzeria e supponenza, avrebbero saputo scenografare peggio.
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