Espandi menu
cerca
13 assassini

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su 13 assassini

di mc 5
8 stelle

Ecco un film la cui visione è stata per quanto mi riguarda particolarmente travagliata. Devo fare una doverosa premessa, collegandola peraltro al pieno successo di critica che il film sta riscuotendo (di pubblico un pò meno, io l'ho visto due volte, entrambe in sale pressochè deserte). La premessa è che il mio rapporto col cinema orientale è praticamente inesistente, e quel poco è decisamente conflittuale. Non nego che sia in parte da addebitare ad una pecca anche mia, che forse non mi sono mai veramente applicato per compenetrarne lo spirito e la cultura, ma fatto sta che il cinema dell'oriente (che sia giapponese, cinese, coreano o tailandese non importa) proprio mi risulta indigesto. Con le sole eccezioni del Maestro supremo Kurosawa e del cinema action di John Woo.  Allora la prima domanda è: cosa mi ha spinto alla visione di questo film? Non tanto l'idea di soggetto o sceneggiatura, quanto l'aspetto tecnico legato alla distribuzione italiana. Mi spiego meglio. In Italia il film è distribuito dalla BIM di Valerio De Paolis, attualmente la "casa" indipendente nazionale più attiva e anche la più prestigiosa (assieme alla Lucky Red di Andrea Occhipinti). Il catalogo BIM parla da solo ed annovera una sfilza di pellicole una più valida dell'altra a livello di qualità artistica. Ne consegue che ogni uscita targata BIM, fermo restando che il livello non è ovviamente sempre lo stesso, è comunque da fruire "a scatola chiusa". Ma stavolta c'era un fattore in più, vale a dire l'insolitamente alto numero di copie che sono state distribuite, praticamente questo film ha invaso le multisale. E questa scelta ha un pò il sapore della follia visto che il film non è esattamente quel fenomeno pop che l'elevato sforzo distributivo potrebbe far supporre. Dunque mosso anche dalla curiosità non potevo lasciarmi sfuggire questo "13 Assassini", nonostante la mia provata disaffezione verso i prodotti di marca orientale. Com'è andata? Direi con un sostanziale pareggio. In sintesi: ho subito il fascino epico e grandioso del film, ma penso di averne goduto solo per un 30%. Troppo alto il muro, a livello culturale, tra me e la tradizione orientale. Troppo elevato il divario tra quelle immagini (per quanto seduttive) e la mia pigra conformazione mentale/culturale da occidentale. Concetto quest'ultimo che potrei tradurre volgarmente come segue: tanti volti di cui molti sembravano assomigliarsi al punto che li confondevo gli uni con gli altri, e a questo vanno aggiunti i nomi dei personaggi assolutamente impronunciabili, con la conseguenza che -confondendo i volti e non riuscendoli ad associare ai rispettivi incomprensibili nomi- alla fine non ci capivo più nulla. Morale della favola: sono uscito dalla sala confuso e fortemente perplesso (a questo va aggiunta la durata di due ore e sei minuti che certo non ha aiutato il mio spirito già tentennante). Però a quel punto ho maturato una decisione epocale: ho voluto concedermi una seconda chance e il giorno seguente sono tornato nella stessa sala, stavolta deciso a sforzarmi un pò di più. E il mio "coraggio" è stato premiato. Nel senso che questa volta ho fruito della visione con maggiore consapevolezza e contrastando la mia inclinazione al pregiudizio. E ho assaporato un film che -per quanto ostico sotto tanti aspetti- mi ha contaminato col suo ampio respiro e la sua folgorante potenza visiva, inducendomi a considerare che, per quanto io sia scarsamente predisposto ad aprirmi alla civiltà orientale, non si può non restare affascinati da un senso di grandiosità e dai segnali di una tradizione culturale antica che emergono da ogni fotogramma di questo film. Questi samurai, questi guerrieri indomiti, coi loro costumi e con la loro irriducibile fierezza, ci fanno respirare in una sola boccata secoli di storia, di tradizione, di cultura. E allora perfino un pigro occidentale come me si è dovuto arrendere e togliersi il cappello. Anche se, come dicevo, non tutto è filato limpido e sereno, e non tutti gli angoli sono stati smussati. Tutta la seconda metà dell'opera si concentra su una serie interminabile di battaglie e scontri che (forse è uno dei pregi maggiori del film) sono coreografati in modo eccellente, emanando una rara suggestione che coniuga l'action adrenalinica con la determinazione e la fierezza che raccontano la storia di un popolo. E questo spirito millenario merita il nostro rispetto, dobbiamo sforzarci (e qui sto parlando a me stesso) di prenderlo sul serio, magari passando sopra a certi volti e a certe espressioni di personaggi che ci possono apparire carichi di retorica ai limiti del grottesco. Mi riferisco a certe posture marziali o a un certo concetto estremo dell'onore: tutte cose che hanno ben pochi riscontri nella cultura europea ed occidentale in generale. Quanto al cast, qui me la cavo in mezzo secondo, dato che dei volti che ho visto sfilare non ce n'è uno che mi evochi qualcosa di speciale o che abbia già intravisto altrove. Interessante invece collocare la vicenda storicamente e culturalmente (sempre tenendo conto che la mia comprensione della storia è stata parziale e dunque potrei esprimere qualche inesattezza). E' una vicenda di cappa e spada, dove una generazione di samurai in declino cerca un ultimo riscatto, sullo sfondo deprimente del Giappone feudale del primo 800, narrato attraverso un linguaggio poeticamente trasgressivo. Evidente è il richiamo ai "Sette Samurai" di Akira Kurosawa, anche se in realtà il film si rifà direttamente all'opera omonima firmata nel 1963 da tale Eiichi Kudo. Il film è diviso piuttosto nettamente in due parti. Nella prima assistiamo al reclutamento del manipolo dei 13 samurai (in realtà solo 12, perchè l'ultimo è un montanaro che proprio verso il concetto di samurai oppone una feroce ironia). Essi dovranno affrontare un esercito di 200 uomini, cioè le truppe al servizio di un giovane aspirante shogun caratterizzato da una evidente psicopatologia con accessi di sadismo. Lo scontro finale avverrà sullo sfondo di un villaggio contadino, e sarà senza esclusione di colpi, in un'esplosione di violenza e con ampio spargimento di sangue. Diciamo che forse la separazione tra le due parti è troppo accentuata, il che fa sì che, dopo un lungo inizio lento e un pò farraginoso, il film si apre ad un dilagare impetuoso di azione e violenza che quasi stordisce lo spettatore. Al di là del tripudio di teste mozzate ed altre truculenti efferatezze, quel che conta è che le sequenze di duelli e scontri sono montate e coreografate con grandissima cura. Il senso finale che personalmente ho tratto dalla visione è stato quello di arretratezza e depressione, tra un mondo di samurai avviato ad inesorabile declino e l'antistoricità di un feudalesimo oscurantista, umiliante e reazionario. Film sicuramente valido e interessante, ma non un film per tutti. PS: il regista (super cult) Takashi Miike è tra i preferiti da Quentin Tarantino. E non è difficile capire il perchè.
Voto: 7/8

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati