Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film
Quando Gianni Dubois, regista affranto dal blocco dello sceneggiatore, che da cinque anni non riesce a fare un film, viene chiamato in Toscana, d’urgenza: si sono rotte le vecchie tubature della sua casa e le perdite hanno rovinato un prezioso affresco del ‘500 che adorna la chiesa sottostante. Per risanare il debito il sindaco gli chiede di dirigere la rappresentazione della passione d Gesù, proprio nei medesimi giorni in cui il fallito regista potrebbe dare una svolta alla sua carriera cinematografica.
L’occhio di Carlo Mazzacurati sembra volersi focalizzare sull’aspetto intimo di Dubois. La sua incapacità di portare a termine la stesura di un soggetto interessante e il conseguente cruccio del regista che si sente fallire giorno per giorno è la Passione stessa del titolo. L’elemento unicamente simpatico della pellicola sta proprio nell’accostare lo stato d’essere del protagonista con la rappresentazione di cui si andrà ad occupare. La stessa febbre che invade il protagonista, interpretato da un Silvio Orlando non memorabile, sembra voler indicare una sorta di redenzione, di passaggio, che Gianni deve attraversare per ritrovare se stesso.
Oltre alla parte finale, in cui si compie la rappresentazione stessa, che è di una rara bellezza e di un sentire quasi commovente, non sono riuscita a trovare nella pellicola altri spunti di riflessione. Per tutta la sua durata è semplicemente il viaggio di un uomo, o meglio della sua mente, che sembra riuscire a rinnovarsi nella possibilità di rappresentare qualcosa di semplice e conosciuto eppure suggestivo da sempre e che la risposta è quasi sempre nel quotidiano, così come i blocchi mentali sono solo dentro di noi, per abbatterli basta tornare a credere in se stessi.
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