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La passione

Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film

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La recensione su La passione

di cantautoredelnulla
8 stelle

Da anni volevo vedere questo film che dal trailer mi attirava parecchio. Sono contento di averlo visto, sui titoli di coda ho guardato mia moglie e le ho detto: questo sì che è un bel film e lei mi ha sorriso come a intendere che già sapeva quale sarebbe stato il mio commento.

Dal punto di vista della storia ci troviamo di fronte a un regista, Gianni Dubois, in crisi d'ispirazione, che nonostante mille idee diverse, non riesce a trovare una storia su commissione soddisfacente, che gli è stata richiesta da una delle tante star del momento. 

Partendo da questo inizio seguo uno dei temi del film: la critica chiara di Mazzacurati verso le star che da questo film escono come figure incompetenti nel caso dell'attrice che non conosce Adele H e non conosce probabilmente neanche la storia del cinema poiché tiene tanto agli alberi del cinema italiano anziché farsi un'idea propria di quello che dovrebbe essere il cinema più valido; egocentriche e vanitose (nel senso etimologico del termine: vuote e vane) come il personaggio di Manlio Abbruscati che recita come un cane e nonostante questo viene amato e portato in palmo di mano dal pubblico. Mentre paradossalmente sono gli attori di strada che coltivano la passione per la recitazione e non per il denaro che riescono a far vibrare le emozioni del pubblico, a far rivivere nella finzione un dramma più che reale.

Il confine della finzione che viene intrecciato alla realtà è riproposto in altri due temi del film: sia nella nuova ispirazione di Gianni che partendo dal reale si trasforma in un soggetto articolato, sia nell'interpretazione di Gesù da parte di Ramiro, il quale "povero, ricercato, deriso da tutti" rappresenta in scena e nella vita l'alter ego di Cristo. E anche il cambio di tono mi è piaciuto, così improvviso, demarcato dal ragazzo che difende Ramiro urlando al pubblico che vanno rispettati gli attori anche se non professionisti, che non c'è niente da ridere se uno cade e appare come uno sfigato perché non ha il marchio della fabbrica televisivo/cinematografica, perché c'è l'impegno e la passione che hanno il diritto di non essere derise. Anche Gianni Dubois si è accorto di quanto quella rappresentazione mal diretta e mal gestita trovi invece un'intensa interpretazione nell'identificazione di Ramiro in Gesù e vede nell'aiuto dell'amico il risollevarsi delle sorti di un frangente di vita totalmente negativo.

La sceneggiatura ovviamente cambia anche lei di conseguenza, nelle parole del Vangelo si ritrovano gli insegnamenti più grandi che questa pellicola ci sta riproponendo, l'amore, l'amicizia, l'umiltà. E viene affidato al genio di Mozart il finale della Passione, con una Laudate Dominum da brivido che accompagna la passione del Cristo in croce. E nel culmine dell'emozione più vera che si potesse trovare e che Mazzacurati riesce a trasmettere allo spettatore, arriva la pioggia e tutti vengono distratti e scappano, anche se con un silenzio religioso il pubblico ha dimostra di avere intercettato quella magia che un Manlio Abbruscati, famoso e narcisistico, non sarebbe mai riuscito a trasmettere. Così, mentre la musa che ha sbloccato la creatività di Gianni vive, nell'immagine del Cristo in croce, il senso di una passione e trova nuova forza per affrontare la vita, ognuno può trovare in quell'immagine un messaggio per sè. Il protagonista conclude quel soggetto che era nato da uno sguardo coinvolto, ma superficiale ed esterno, che iniziava con un abbandono per finire in una vera e propria resurrezione.

In conclusione, non posso nascondere che questo è il messaggio più bello che ho trovato in questa pellicola: in fondo è questo il valore più grande dell'arte, permetterci di elaborare un dolore, di trasformarlo e di renderci migliori. Può raccontarci una passione e renderci partecipi del dolore per condurci a una nuova speranza, a una resurrezione.

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