Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film
La Passione dei centoautori, è la stessa del cinquantenne, Gianni Dubois. Il regista non fa un film da anni, e adesso che avrebbe la possibilità di dirigere una giovane stella della tv non riesce nemmeno a farsi venire in mente una storia. Come se non bastasse, una perdita nel suo appartamento in Toscana ha rovinato un affresco del Cinquecento nella chiesetta adiacente. Per evitare una denuncia e una pessima figura, Gianni deve accettare la bizzarra proposta del sindaco del paese: dirigere la sacra rappresentazione del venerdì santo in cambio dell’impunità. Così si ritrova a passare una settimana nella Toscana più profonda.
L’Orlando/Dubois è l’alter ego di Carlo Mazzacurati, regista discontinuo e defilato nel panorama cinematografico italiano contemporaneo, grandissimo narratore dei segreti della gente comune, che da sempre sono l'oggetto d'indagine del suo cinema.
Il film non brilla per l’eccezionalità della sceneggiatura, tanto meno per le invenzioni registiche, che sono piuttosto dense di luoghi comuni e figure retoriche: la barista bona e sfigata, l’attrice diva, il produttore “Cesare”, l’attoruncolo vanitoso e privo di talento, l’ex carcerato di buon cuore, oltre alla solita folla vernacolare dalla battuta pronta. Non mancano, tuttavia, momenti da grande commedia: la trovata di Battiston, che fa fronte all’impossibilità di trovare una fotocopiatrice per fare copie del copione teatrale, insieme ad alcune fulminanti battute, una su tutte quelle della gommapiuma che ha ucciso il teatro italiano, lasciano il segno. Ma c’è sempre quella ‘giusta distanza’ fra il racconto e lo spettatore, che avverte la forte l’esigenza da parte del regista di compiacere, ed in modo facile, un pubblico ampio, per cui questo toglie autenticità al sentire dei personaggi e raggiunge il suo apice nel finale del film, consolatorio e troppo riordinato.
Ciò che rimane di questa piacevole commedia è, indubbiamente, l’interpretazione di Silvio Orlando, che non ne sbaglia mai una; del mattatore Giuseppe Battiston, ex galeotto appassionato di teatro, e dell’incorreggibile e sacrale Corrado Guzzanti. A ciò si aggiunga l’ottima fotografia del, come sempre, bravo Luca Bigazzi e la densissima colonna sonora di Carlo Crivelli, musicista doc, nelle linee sonore mai scontate e sempre amplificate da armonizzazioni interessanti.
Per tutto il resto, il contesto rimane propriamente quello italiano, in cui scrivere, girare, produrre, ecc., film e cultura, in genere, è sempre più legato a tutt’altro che la passione. D’altronde, nel film, qualcuno afferma: “a questo mondo nessuno è indispensabile, anche Gesù può essere sostituito”, come direbbe, appunto, un ministro della Cultura a caso, anche nei confronti di chi per il cinema ha un ‘sacro’ rispetto e dà quasi la vita per fare un film.
Giancarlo Visitilli
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