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La versione di Barney

Regia di Richard J. Lewis vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La versione di Barney

di laulilla
5 stelle

Uscito fra molte polemiche e impropri confronti col romanzo ispiratore, come se il film, pur narrando quella stessa vicenda, non potesse e dovesse discostarsene, data la rispettiva diversità dei mezzi espressivi, grammaticali e sintattici.

Parafrasando il famoso titolo di un'opera di Roland Barthes, "La morte dell'autore", che invitava il lettore a ignorare l'autore, per soffermarsi esclusivamente sul testo, sostengo "la morte del romanzo ispiratore", per soffermarmi solo su quel particolare testo che è il film, ovvero l'opera da commentare.

 

Il film ci racconta la vita di Barney Panofsky (Paul Giamatti), singolare personaggio, la cui esistenza si svolge fra Roma, teatro del suo primo e subito fallito matrimonio, e New York, città in cu viveva suo padre Izzy (Dustin Hoffmann), poliziotto in pensione e grande ammiratore di donne anche da vecchio.

Nella metropoli americana avrebbe conosciuto, fra gli invitati al pranzo delle sue seconde nozze,  Miriam Gray (Rosamund Pike), la donna che sarebbe stata per sempre il suo vero amore. Il successivo rocambolesco inseguimento di lei lasciava presagire la fine immediata del secondo matrimonio, al quale sembrava collegarsi l'oscura e casuale sparizione del suo migliore amico, ciò che su Barney aveva attirato i sospetti di uno scrittore, già suo compagno di gioventù, e ora suo fermo accusatore ...letterario.

Il matrimonio fra Miriam e Barney, la nascita dei figli non aveva concluso le dis-avventure di lui, il cui goffo comportamento avrebbe messo in crisi persino l'amore della sua donna.

L'ultima parte del film, che ci presenta la decadenza fisica di Barney, la sua vecchiaia triste, accompagnata dalla demenza senile e dalla perdita della memoria, ci presenta però anche il riavvicinamento di Miriam, che conferma la durata, nonostante tutto, dell' amore che li aveva uniti.

 

Ci troviamo, dunque, di fronte a un personaggio singolare, a un maldestro pasticcione, che non ne imbrocca una e che, nonostante la migliore volontà non riesce a raggiungere le mete che gli stanno a cuore per la precipitazione irriflessiva del suo comportamento, per la stolta e incosciente immaturità che lo accompagna anche nei momenti più seri della vita.

Eppure Barney è anche uno svagato e tenero innamorato, un padre affettuoso e, oltre che un marito geloso e possessivo - ahimè -  un uomo indulgente con se stesso e portato, anche troppo, ad autoassolversi.

Tutto ciò viene detto con verità nel film, grazie a una regia attenta a non farsi travolgere dalle contraddizioni del protagonista, dalle sue mille sfaccettature e che pare privilegiare una lineare e chiara narrazione, col risultato di darci un film coerente e gradevole, commovente nel finale, anche se non un capolavoro.

Il lavoro degli attori accompagna bene l'intento del regista: è  bravo Paul Giamatti ed è molto brava anche Rosamund Pike che con una espressione sempre un po' trasognata e ottusa si adatta in modo convincente a un ruolo difficile; è bravissimo, ovviamente, Dustin Hoffmann. 

 

Il romanzo (1997) di Mordecai Richler è  molto difficile da trasporre in film: ne era cosciente lo stesso autore, che non per caso ne aveva curato la sceneggiatura, prima del 2001, anno della sua morte.  Gli era subentrato Richard J. Lewis che, privilegiando una linea narrativa molto semplice ridusse gli eventi legati al primo matrimonio, li spostò da Parigi a Roma e concentrò la narrazione sul suo terzo matrimonio, quello con Miriam Gray, l'unica donna di cui Barney si innamorò.

 

Il romanzo? È un'altra cosa, ça va sans dire!

 

________________

 

Recensione riscritta dopo una nuova visione del film. La mia precedente recensione è su Mymovies dal 25 gennaio 2011

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