Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
È il 1973. Mario (Castro) lavora nell'obitorio comunale, dove batte a macchina i referti delle autopsie. È un tipo solitario e si innamora di Nancy (Zegers), una vicina di casa che fa la ballerina da cabaret, ma che è caduta in disgrazia a causa della sua eccessiva magrezza. Il golpe militare è alle porte, Nancy sparisce, Mario fa di tutto per rintracciarla, fino a quando la Storia gli si impone sotto forma del corpo esanime di Salvator Allende, morto suicida per non essere trucidato dai miliziani di Pinochet. Mario cerca di proteggere Nancy, fiancheggiatrice di una colonna filocomunista, le dà un rifugio. Finale agghiacciante.
Secondo dei tre film che il cileno Pablo Larrain dedica al passaggio storico segnato dal golpe di Pinochet. Quasi un atto di espiazione per un regista nato tre anni dopo il golpe cileno ma che in passato sostenne il dittatore e che, molti ani più tardi, ha voluto raccontare i risvolti socioculturali (Tony Manero) e propagandistici di quel regime (No - I giorni dell'arcobaleno). Il registro stilistico è straniato, destrutturato e dal ritmo lentissimo, segnato da lunghe inquadrature fisse e ravvicinate sui volti dei protagonisti, l'andamento narrativo indefinito, soffocante e funereo nella prima parte, decisamente più a fuoco nella seconda, quando irrompono gli effetti devastanti del golpe e a Santiago ha luogo una mostruosa mattanza che lascia posto soltanto alla più costernata desolazione.
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