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Post mortem

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Post mortem

di Peppe Comune
8 stelle

Mario Cornejo (Alfredo Castro) lavora all'obitorio di un ospedale di Santiago del Cile. Il suo compito è quello di trascrivere i dati delle autopsie effettuate sui cadaveri dal dottor Castillo (Jaime Vadell) e dalla sua assistente Sandra (Amparo Noguera). Fa una vita alquanto monotona, vive da solo e l'unico sussulto emozionale è l'innamoramento per Nancy Puelmas (Antonia Zegers), una ballerina di cabaret sua dirimpettaia cacciata dal posto di lavoro perchè diventata troppo magra. Il padre di Nancy è un personaggio di spicco all'interno del partito Comunista cileno e quando l'11 settembre del 1973 il golpe militare di Augusto Pinochet rovescia il governo eletto dal popolo di Salvador Allende, la casa della donna, dove spesso si facevano riunioni politiche, viene letteralmente distrutta. Mario passa giorni senza avere più notizie di lei, non si preoccupa d'altro. Poi la trova e l'aiuta a rimanere nascosta procurandogli quanto serve per sopravvivere. Ma poi si accorge che il suo amore non è affatto ricambiato.

 

 

"Post mortem" è il secondo lungometraggio dell'autore cileno Pablo Larrain e come "Tony Manero" è mosso dall'urgenza di consegnare alla memoria collettiva di un popolo il clima di terrore che sconvolse il Cile nei diciassette anni di dittatura militare. Senza però finalità strettamente documentaristiche o eccessi di realismo, ma restituendoci gli effetti cancrenosi del regime di Pinochet rimanendo sempre ai margini del palcoscenico principale e concentrandosi esclusivamente sui di tratti emblematici di personaggi tipo. Così come sono caratterizzati, i personaggi di Larrain tendono ad assorbire quanto di grave succede intorno a loro e a rifletterne gli orrori senza che in loro trapeli qualche coinvolgimento emotivo che non sia personale e puramente egoistico, come se la telecamera rivolta sempre di spalle agli orrori prodotti dai militari, intenta solo a registrare i rumori delle distrazioni in atto e a lambire di striscio una violenza già consumata, equivalesse allo sguardo distratto di queste personalità irrisolte, portate per natura a celare le proprie reali intenzioni e istintivamente votati al più bieco disimpegno civile. Se Raùl Peralta poteva rappresentare l'effetto più diretto dei germi involutivi seminati dalla dittatura, il simbolo di una crisi identitaria che prendeva le forme di una corsa ossessiva alla moda del momento, Mario Cornejo è la faccia dell'apatia che si è resa partecipe della facile presa del potere da parte dei militari. Non è una persona cattiva lui, si è solo abituato ad agire con monotona freddezza, in un luogo che è sempre uguale a se stesso nella sua ordinaria asetticità e con dei tempi che non possono mai riuscire a catturare gli ultimi sussulti di un emozione. Più volte Larrain gli fa dire di essere un funzionario, come a voler rimarcare la necessaria neutralità del suo ruolo sociale, a sottolineare il giustificato interesse al non trovarsi mai dalla parte sbagliata della barricata, quale che sia l'esito della contesa politica. Lui è il prolungamento del suo lavoro, lo stesso amore che nutre per Nancy sembra nutrirsi di una malsana deformazione professionale dato il suo fisico tanto magro da tendere all'anoressia (non a caso, c'è una sequenza che è il chiaro frutto dell'immaginazione dell'uomo e che viene subito dopo che i due hanno dimostrato una certa intesa esistenziale, che ritrae Mario scrivere i dati dell'autopsia fatta sul corpo di Nancy, morta appunto per "malnutrizione proteico energetica acuta e disidradazione avanzata" ). La sua condizione esistenziale servirebbe a porlo sempre in una dimensione altra rispetto a tutto il resto del mondo, come il semplice scritturale di una storia scritta da altri. Lui arriva sempre dopo che la morte si è compiuta e i cadaveri che gli passano davanti sono tutti uguali rispetto al lavoro da portare a compimento. Anche il golpe militare lo sorprende attonito a girare per una città distrutta e a contare i corpi ammassati lungo i corridoi dell'obitorio. Nancy è sparita e lui si preoccupa  per l'illusione di un amore scomparso troppo in fretta. Poi la ritrova e può anche aiutarla visto che lui ha "una posizione ora" che il suo lavoro si rende ancora più gravoso ed indispensabile. Bisogna contare i fori dei proiettili sui corpi di ogni cadavere e, soprattutto, fare l'autopsia al cadavere di Salvador Allende. Il suo corpo tumefatto è steso sulla branda (in una sequenza di straziante rigore etico), uguale a quello di qualsiasi altro. Ciò che cambia è la presenza scenica di un folto numero di ufficiali, che aspettano l'esito dell'autopsia come se si trovassero in un teatro di posa ad assistere ad un dramma di cui già si conosce il finale. Bisogna certificare l'avvenuto suicidio del presidente socialista. Occorre qualificare con forza l'ennesima vigliaccata perpretata contro una nazione da sottomettere. "Post mortem" è un film di raggelante bellezza, capace di parlare dell'assassino di una nazione e di restituirci con limpida precisione la sensazione di orrore che aleggia nell'aria spostando il tempo dell'azione sempre dopo che gli spargimenti di sangue hanno prodotto i loro tragici effetti. Perchè è proprio vero quello che dice Emidio (Bradipo 68) nella sua recensione, "i cadaveri non sanguinano". Come le persone sepolte vive e le speranze più belle di una nazione intera. 

 

 

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