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Post mortem

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Post mortem

di bradipo68
8 stelle


L'orrore nasce dalla Storia.

Mario( Alfredo Castro,attore favoloso) è un moderno amanuense: trascrive i referti delle autopsie.
Uno scriba totalmente svuotato di personalità e di sentimenti almeno all'apparenza.
Ma si sa che l'apparenza inganna: questo misero ometto di mezza età,una specie di Jean Pierre Leaud in acido con tanto di similcaschetto biondo,si invaghisce della sua vicina, ballerina in un locale di quarto ordine, di impressionante magrezza.
E lei sembra gradire la corte di questo Don Giovanni avvizzito dagli anni e dalla solitudine.
Mario ama Nancy ma lei non lo ama. Lo usa e basta. E questo le costerà caro
Siamo in Cile nel 1973 la rivoluzione gentile di Allende è stata appena soffocata nel sangue, i militari hanno preso il potere e l'ospedale dove lavora Mario si sta riempiendo sempre più di cadaveri.
Ma ora Mario ha una posizione.
Dopo il marciume morale del Cile del '78 descritto nell'ossessivo Tony Manero, Larrain ritorna ancora più indietro e si ferma alla radice di tutto il male della storia recente del Cile: l'avvento di Pinochet.
Idealmente sul tavolo anatomopatologico porta tutta una nazione dando una lezione di cinema politico dal basso della sua giovanissima età.
Lui nel '73 non era ancora nato.
Nessuna tesi scomposta da dimostrare, nessuna vendetta politica da consumare, la sua cinepresa come bisturi affonda nel ventre marcio di un tessuto sociale scompaginato, fatto di martiri del regime militare, di una ferocissima dittatura amministrata da un esercito sanguinario e di molti fiancheggiatori rimasti nascosti per paura o per convenienza.
Mario è il volto di questo popolo connivente che è laterale al potere.
Post mortem è il dietro le quinte della genesi di una dittatura, la storia di un misero funzionario si congiunge con la Storia scritta nei libri e affidata ai posteri, il privato che si congiunge con il pubblico.
Mario assiste anche all'autopsia di Salvador Allende, un omicidio derubricato a suicidio, una sequenza magistrale in cui  l'anatomopatologo lotta con la propria coscienza così come Mario che non riesce neanche a scrivere quello che sta dicendo il medico.
La cinepresa di Larrain non arretra neanche di fronte ai cadaveri impilati gli uni sugli altri che vengono portati via con un carrello. Il suo è un cinema che ha una cifra stilistica immediatamente riconoscibile, livido, senza colore come il mondo inospitale di Tony Manero o come la sala necroscopica che vediamo in questo film.
In Post mortem allo spettatore è sottratto anche il momento della rivoluzione, della violenza, degli omicidi ad opera dei militari.
Solo grida e rumori soffocati sentiti da dentro una doccia.
Non una goccia di sangue.
Perchè i cadaveri non sanguinano.

Su Pablo Larrain

conferma tutto il suo talento

Su Alfredo Castro

favoloso

Su Antonia Zegers

notevole

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