Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Ancora più ostico e indigesto di quanto non fosse stato all'esordio (strepitoso) con "Tony Manero", Larraìn compie delle scelte stilistiche azzardatissime, estreme, inquadrature fuori da ogni canone (più di una sequenza con un personaggio completamente "impallato" dalla nuca dell'interlocutore) fino al parossistico finale con un'inquadratura fissa di (forse) otto/dieci interminabili minuti che riprende un ammasso di mobilia e ferraglia mossa dal protagonista fuori campo. Di nuovo con il viso enigmatico di Alfredo Castro, acconciato con una pettinatura al di là dell'improbabile, il film, volutamente distribuito in lingua originale con i sottotitoli (evviva!), mi ha convinto solo a metà per via di uno sperimentalismo spinto a mio avviso oltre i limiti di tolleranza.
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