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Ballata dell'odio e dell'amore

Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film

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La recensione su Ballata dell'odio e dell'amore

di ed wood
6 stelle

La ballata di De La Iglesia è ridondante e girata coi piedi: inquadrature rozze e montaggio tagliato con l’accetta scandiscono un film virulento che fagocita nella durata standard di 100 minuti riferimenti agli universi filmici più disparati: dallo slasher (iberico, ma anche statunitense) al melodramma, dalla satira politica alla commedia grottesca, dal debordante immaginario clownesco di felliniana memoria al surrealismo iconoclasta, finanche al cinema bellico! Il miscuglio, di per sé, è anche riuscito e accattivante; il problema è che è tutto smaccatamente fine a se stesso. Ci si diverte senz’altro; lo spettacolo è garantito; l’esagerato dispiego di mezzi non è stato vano. I personaggi sono caricature spassose, sia i due protagonisti psicopatici, sia i buffi comprimari; Carolina Bang è sexy, eccetera.

 

Peccato che però questo excursus nella Spagna tardo-franchista (oltre al prologo nella Guerra Civile), condito da un irriverente e bunueliano morso ai danni del Generalissimo, non abbia altro da offrire che una parossistica storia di passione, gelosia, vendetta, come se ne erano già viste a migliaia. Non c’è sottotesto innescato dall’ambientazione storica, né approfondimento psicologico: eppure la figura del padre del “clown triste”, il dualismo di quest’ultimo col “clown allegro” (e violento), il masochismo della trapezista avrebbero potuto essere sviluppati meglio in sede di sceneggiatura. Non scatta la tanto agognata riflessione, per quanto sardonica avrebbe potuto essere, sul passato della Spagna, sulla dittatura franchista: i due rivali sono semplicemente due macchiette, la cui metamorfosi da una rappresentazione pseudo-realista ad una fanta-horror ha la stessa dinamica di un cartoon.

 

Siamo lontani anni luce dalle brillanti e cupe metafore di un altro giovane ispanico che sta facendo i conti col passato del suo Paese, il cileno Larrain: non c’è nessun Tony Manero, nessuna personificazione del “fascismo quotidiano” nel film di De La Iglesia. La sua ballata è stonata, anzi, non è nemmeno una ballata: è uno scherzo, al massimo una fantasia. Una solenne cazzata che ha il pregio di intrattenere, sfruttando un serbatoio pressoché infinito di trovate ironiche più una riserva di pathos per ogni evenienza; ha però la colpa di avere sprecato una bella occasione per una satira intelligente, per un saggio umoristico di fantastoria.

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