Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
Spagna 1937. Le milizie repubblicane costringono i pagliacci di un circo ad arruolarsi. Quello “triste” fa una strage di falangisti a colpi di machete, poi soccombe e il figlioletto Javier giura vendetta. Spagna 1973. Javier è diventato il pagliaccio triste e si contende la trapezista Natalia con il pagliaccio allegro (o “tonto”), sullo sfondo lugubre del franchismo. Dalla specularità cronologica a quella politica, gli esiti nefasti della Guerra Civile vinta da Franco si riflettono nella dittatura fascista più lunga d’Europa. Ballata dell’odio e dell’amore, in originale Balada triste de trompeta come la canzone popolar mélo di Raphael, Leone d’argento alla Mostra di Venezia numero 67, vorrebbe essere come i suoi magnifici titoli di testa. Una rutilante sintesi dei peggiori anni della (loro) Storia, tra Franco e l’Opus Dei, Madonne in lacrime e Cristo sanguinante in croce, Carrero Blanco e Salvador Dalí. L’energia è sfrigolante e alcune trovate sono anche riuscite (il pagliaccio triste diventa “cane da caccia” di un gerarca e morde la mano del Generalissimo) ma il grottesco, cifra stilistica cara al regista Álex de la Iglesia, alla lunga stufa e sfocia nella farsa. L’accumulo, poi, è esageratamente citazionista ma sarebbe sterile mettersi a fare la conta dei pezzi di film altrui centrifugati nel marasma. De la Iglesia ha talento, questo è sicuro. Peccato sia totalmente fuori controllo.
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