Regia di Aleksei Fedorchenko vedi scheda film
Una bellissima fotografia, giustamente premiata, non è comunque sufficiente a imprimere un filo logico a questo film decisamente minimalista ed intimista. Non che la storia in sé sia priva di interesse (giocando sulla finta presenza di riti arcaici di una popolazione inesistente) ma il tutto è come appesantito da una mancanza di quella che si potrebbe chiamare empatia filmica, nel senso che tutto appare freddo e lontano, non solo dall’ovvio punto di vista geografico. I continui rimandi ad una storia interrotta, quella dell’amore tra uno dei due protagonisti e la moglie appena morta, si confondono con la ricerca di un senso a vite apparentemente sospese in un vuoto esistenziale ma anche in una povertà emotiva che traspare per tutto il film. Certi richiami ecologisti, che in parte rimandano a tematiche del bellissimo (ma così diverso) “Dersu Uzala”, non sono di per sé mai veramente approfonditi e tutto viene presto avvolto da un velo di tristezza e di ineluttabilità verso un finale solo in parte sorprendente. Un film particolare, da vedere per ampliare i propri orizzonti ma che a mio parere nulla aggiunge e nulla toglie al panorama cinematografico.
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