Regia di Andrea Caccia vedi scheda film
Lo scorrere delle stagioni ai Laghi della Lavagnina. Undici conversazioni in prossimità della fine. Un garage colmo di oggetti da riordinare. Tre atti unici, nell’insieme lo scorrere della vita, l’approssimarsi della morte. Un circolo vitale che Andrea Caccia sembra raccontare con una facilità straordinaria, attraverso un viaggio estremo ai confini del linguaggio capace di colpire tutti i nostri sensi, di entrare in chi guarda senza filtri. Le cose, un sasso, l’acqua, una porta chiusa. I volti e le voci di persone alle prese con malattie non affrontabili, preziosi spunti di consapevolezza, e un baule dei ricordi sul finale che ti lascia qualcosa dentro. La vita, la morte, quel sottopasso scuro che è la malattia, come il cancro «arrivato in una notte di musica e coriandoli bagnati». Caccia procede per accumulo, ogni cosa significa perché collegata a un’altra. Realizza così un percorso senza ostacoli, impregnato di un realismo poetico che non ripiega mai nello scontato, mai cerca con mezzi facili la nostra commozione. Quella arriva ugualmente, ora leggera ora tagliente, anch’essa per accumulo e in un perfetto crescendo. La morte non si lascia raccontare, ma mai come questa volta ha acconsentito a lasciarsi sfiorare. Pezzi di vita, silenzi e polvere, ottanta minuti indimenticabili.
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