Regia di Jake Scott vedi scheda film
Voto: 9/10.
Pubblico: imdb 6,9/10 – metacritic 8,4/10 – rottentomatoes 3,4/5 – mymovies (IT) 3,0/5 – filmtv (IT) 4,3/5 –allociné (F) 3,9/5 – sensacine (E) 3,0/5 – screenrush (UK) 3,0/5 – moviepilot (DE) 7,0/10 – kinopoisk (RU) 7,3/10 – mtime (CI) 7,8/10
Critica: metacritic 50/100 – rottentomatoes 5,6/10 – mymovies (IT) 3,0/5 – filmtv (IT) BUONO – allociné (F) 2,9/5 – screenrush (UK) 2,5/5 – moviepilot (DE) 6,7/10
Dizionari: –
“Welcome to the Rileys” recita il titolo del film ma anche la targa appesa all’esterno della villetta di una coppia come tante nei sobborghi di Indianapolis. In realtà questo spirito di benvenuto non rispecchia il clima che si respira tra le quattro mura: il matrimonio trentennale di Doug Riley (J. Gandolfini) e Lois (M. Leo) è stato messo a dura prova dalla morte della figlia, avvenuta otto anni prima in un incidente stradale (ed è con questa sequenza che si apre la pellicola). Un lutto improvviso, mai completamente assimilato che ciascuno dei due affronta come meglio riesce: lui interiorizza, limitando le proprie crisi a pochi attimi (magari nascondendosi nel garage in compagnia di una sigaretta), lei invece con maggior trasparenza, scelta che la allontana sempre di più da amici e vicini. Mentre il lavoro permette a Doug di uscire e passare del tempo coi colleghi, Lois si isola in casa rinunciando all’auto e persino a ritirare la posta (quando il marito è fuori per lavoro la donna delega tale compito alle vicine). Per seguire una conferenza, l’uomo si reca per qualche giorno a New Orleans dove, nel ritagliarsi una pausa per bere qualcosa in uno strip-club, incontra la sedicenne Mallory (K. Stewart). Bastano pochi incontri con la baby-prostituta perché in Doug scatti una molla: si affeziona alla ragazza e decide di aiutarla, accudendola come fosse la figlia che non ha più, sia nelle faccende domestiche (l’appartamento è fatiscente tanto quanto il quartiere in cui è situato), sia, e soprattutto, nella gestione della sua vita, del denaro, delle responsabilità e… del linguaggio, raffinato come la carta vetrata (del tipo “soggetto+parolaccia+verbo (eventualmente)+complemento (non pervenuto)”): Mallory deve a Doug 1 $ per ogni sgarro lessicale! Non vedendolo tornare, Lois decide di prendere l’auto (una delle sequenze più divertenti) e di raggiungerlo a New Orleans (una di quelle più toccanti)…
Piccola commedia dolce-amara (mai uscita in Italia, negli USA ha avuto al massimo 10 sale) con alcune dosi di humour (fortissime le tombe “già pronte” solo da completare con la data di morte) che ha girato parecchi festival (Sundance, Berlino, Deauville) e che segna il debutto nel lungometraggio di Jake Scott, finora esperto di corti, miniserie e soprattutto di documentari musicali (tra gli altri, REM, U2, Cranberries, Tori Amos…). Il cognome non è casuale, visto che non è altro che il figlio di Ridley, produttore (con Tony) di questa pellicola. Il suo compito era senza dubbio facilitato dalla notevole bravura degli attori, che bastava seguire con la mdp, servito dalla sceneggiatura di Christopher Soos (che cambia ampiamente registro dal precedente, e meno riuscito, “Whiteout – Incubo bianco”). Ottima la scelta delle locations e relativa fotografia: le zone suburbane made in USA risultano per me sempre molto affascinanti pur nei loro contrasti, nelle strade brulicanti come negli ambienti immersi in chiaro-scuri. La colonna sonora è senza dubbio essenziale: Marc Streitenfeld accompagna le gesta dei protagonisti con un motivetto senza troppe variazioni (che però ti entra dentro), lasciando notevoli porzioni della pellicola senza musiche, come per non “disturbare” troppo i protagonisti. Questo infatti è un film senza (o quasi) scene madri, fatto di incroci di sguardi più che di parole, di non detti, di sentimenti forti ma appena accennati. La forza dirompente di questa opera sono i personaggi, il modo in cui sono caratterizzati e la loro evoluzione: e non si può che provare empatia verso queste tre anime, diversissime fra loro eppure con molte zone di sovrapposizione, che si prendono il rischio di evadere dalla quotidianità-trappola alla ricerca di una esistenza migliore. Come differenti sono le carriere dei tre attori principali: James Gandolfini (golden globe per la serie cult “I soprano”), Melissa Leo (candidata all’oscar per “Frozen River”) e Kristen Stewart (vincitrice di un BAFTA e candidata agli ScreenActorGuildAwards col cast di “Into the wild”). Un terzetto che fornisce prove divine, appassionanti e passionali (da brividi il litigio tra Lois e Mallory) e che buca lo schermo con sottigliezza e tatto.
Tolti i tre episodi di “Twilight”, Kristen Stewart sta collezionando una bella gamma di titoli e questa interpretazione è straordinaria, per me la migliore in assoluto della sua carriera: estremamente convincente, aggressiva e dolce al tempo stesso e anche molto sensuale (rispetto pure a “Into the wild”). Ottima!
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