Regia di Banjong Pisanthanakun, Parkpoom Wongpoom vedi scheda film
Nel legame di sangue e spirito che congiunge i gemelli è insita un’inquietudine innegabile: poteri telepatici, simbiosi, morte simultanea e miti di ogni tipo aleggiano sulla natura singolare di chi ha condiviso uno stesso embrione. Se poi quel legame è costituito da una concreta porzione di carne, come per i gemelli siamesi, l’unione diventa mostruosità, la condivisione diventa condanna, e l’orrore è dietro l’angolo. Alone è firmato dallo stesso team di registi e sceneggiatori di Shutter (clamoroso successo di pubblico in Thailandia nel 2004), che tornano a mettere in scena presenze fantasmatiche incastonate dentro leggende metropolitane. Proprio come quella di Pim e Ploy, nate con i ventri congiunti tramite una fascia di tessuti, costrette a vivere abbracciate finché la chirurgia non le divide. Melodie da carillon e abitini fioriti si tingono di infantile crudeltà nei flashback che avvolgono la struttura da classica ghost story, assai più suggestivi del meccanismo ripetitivo innescato dalle violente e reiterate visite della gemella defunta nei confronti della superstite. Il colpo di scena nel sottofinale (non del tutto imprevedibile) riscatta in parte dalla noia, ma non raggiunge il quorum di brividi.
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