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Road to Nowhere

Regia di Monte Hellman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Road to Nowhere

di rocky85
7 stelle

Non è facile accostarsi a Road to Nowhere, non è facile parlarne senza perdersi nella sua trama e nelle sue strade che portano, dichiaratamente, in nessuna direzione. Non avremmo potuto immaginare un ritorno diverso per Monte Hellman, autore fieramente e ostinatamente controcorrente, figura emblematica della cinematografia indipendente made in USA. Per Hellman è un ritorno quasi inaspettato dietro alla macchina da presa, dopo un’assenza (voluta o imposta?) durata più di 20 anni, dopo quel cult “invisibile” che è Iguana (1988) e dopo l’alimentare e trascurabile Silent Night, Deadly Night III: Better Watch Out (1989).

Fin dall’incipit, ritroviamo quella imperscrutabilità tipica del suo cinema: quasi dieci minuti nei quali non si proferisce parola, ma si rimane ammaliati da una macchina da presa che si sofferma sul viso inquieto della protagonista, una bellissima e conturbante Shannyn Sossamon, mentre sul letto ascolta una versione al femminile di Help Me Make It Through The Night di Kristofferson. Poi l’inquadratura cambia, l’ambientazione si sposta in una villa oscurata da una notte cupa, e si ode uno sparo. Partono i titoli di testa, ma sono quelli “del film nel film”. Il titolo è “Road to Nowhere”, un’opera diretta da Mitchell Haven (M? H?), come si legge sullo schermo. Giovane regista di culto americano atteso alla prova definitiva, Haven (Tygh Runyan) ha deciso di raccontare nel suo prossimo film una storia realmente accaduta, quella dell’amore tra Velma Duran e Rafe Taschen, storia culminata con un omicidio ed il conseguente suicidio dei due amanti. Haven, alla ricerca dei volti giusti per il suo film, rimane folgorato dal viso di una giovane attrice, Laurel Graham (Shannyn Sossamon), e decide che il ruolo di Velma deve essere suo a tutti i costi. Lentamente si innamora di Laurel/Velma, ed il suo amore gli impedisce di accorgersi che dietro a tutto c’è qualcosa di oscuro.

Girato tra gli States, Londra, Roma e il lago di Garda (alcune sequenze sono realizzate nella villa di Fabio Testi, amico di vecchia data di Hellman già presente nelle sue due opere “italiane” Amore, piombo e furore e Iguana e qui in un piccolo ruolo), Road to Nowhere si dichiara fin dall’inizio come un omaggio al cinema, infarcito di citazioni (da Samuel Fuller a Ingmar Bergman, allo spagnolo Victor Erice), a metà strada tra il noir classico e la destrutturazione del genere in stile Strade perdute di Lynch. Operazione meta-cinematografica complessa, ambiziosa, enigmatica e irrisolta, esplora il tema di un cinema che permea la realtà, o che forse è incapace di confrontarsi con la realtà. Hellman va avanti e indietro nel tempo e nei luoghi, ci mostra quel che forse è successo e quel che forse sta succedendo, incurante della logica e di soddisfare le aspettative dello spettatore. Si parte da un filmato registrato su un dvd, un film dentro al film che è all’interno stesso del film. Alla fine, non ci importa se abbiamo capito o meno quello che è successo, ci siamo già persi verso strade che portano da nessuna parte. Quanto ci eri mancato, caro vecchio Monte!

 

 

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