Regia di Dziga Vertov vedi scheda film
Per Vertov il cinema è un prodigioso cine-occhio in grado di congiungere le cose, malgrado la loro distanza, esattamente come il socialismo (secondo la sua ideologia) dovrebbe essere in grado di rendere fratelli e compagni gli uomini. Così una sentinella del mar nero può essere vicina ad una del confine rumeno, luoghi lontani possono affiancarsi, entità enormi e complesse possono essere racchiuse in un' inquadratura, eventi separati convivere in una sovraimpressione.
In questo film si celebra la costruzione di una centrale elettrica (la più grande d' Europa), un enorme dispiegamento di mezzi, macchinari e uomini, che consente di portare l'elettricità in nuovi villaggi.
Una testimonianza di un'epoca in cui l'impero sovietico voleva ancora essere un'officina di cambiamento, il cantiere in cui si costruiva il futuro, ed il cinema sovietico voleva essere la degna espressione di questa ideologia. In particolare per Vertov il cinema doveva era un vortice ("vertov" in russo) capace di convogliare immagini provenienti dai luoghi più disparati e renderli percepibili allo spettatore come un gigantesco movimento di masse (in senso politico ma anche in senso fisico), come un fenomeno prodigioso.
Memorabile in proposito l'inventiva nella ricerca e sperimentazione degli effetti, che giunge a rendere l'eco delle martellate (in un film muto!) con una sovraimpressione leggermente ritardata.
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