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La donna che canta

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su La donna che canta

di FilmTv Rivista
8 stelle

Un fucile che spara. E accollata sopra, la foto della Madonna. Un ossimoro, verrebbe da dire. Eppure succede. Per esempio in Medio Oriente, dove si uccide (ancora oggi) in nome di Dio. Ne sa qualcosa Nawal, cristiana, colpevole solo di essersi innamorata di un arabo. Da lui avrà un figlio maschio, Abou Tarek. E poi, da un altro uomo, due gemelli, Jeanne e Simon, a cui la vita ha riservato un destino diverso, e cioè quello di crescere lontano da tutto questo, nel rigido e forse per questo rassicurante Canada. Sarà proprio la morte della madre, però, a mettere i due ragazzi in cammino sulle tracce del loro passato, alla ricerca di quel padre e di quel fratello che non sapevano nemmeno di avere. E naturalmente la verità sarà un pugno nello stomaco così violento da colpire l’identità di una nazione come quella dei singoli individui. Che rischiano quindi di trasformarsi in schegge impazzite e, nel caso specifico, di incrociare in maniera diametralmente opposta i propri destini. Da una parte, infatti, c’è Abou Tarek, nato dall’amore ma ciò nonostante irrimediabilmente incapace di rompere la catena dell’odio e di emanciparsi dal complesso dell’abbandono; dall’altra, invece, ci sono Jeanne e Simon che, pur essendo stati partoriti dal disprezzo, avranno la forza di instradare la propria esistenza su binari diversi. Quello dell’accettazione e della condivisione. E quello dello “stare insieme”, soprattutto, come ripeterà più volte Nawal nelle sue sentite lettere. Il che vale sì per i tre fratelli, ma soprattutto per una zona geopolitica incapace, almeno finora, di andare da un’altra parte. La immortala, in maniera impeccabile, un Denis Villeneuve in forma smagliante, capace per questo di tener testa alle sue precedenti e premiatissime pellicole, Un 32 août sur Terre e Maelström. Non gli serve quindi sbavare in un seppur invitante moralismo ma nemmeno intende rinunciare a una regia ben visibile già nelle primissime inquadrature, con tanto di colonna sonora assordante e sguardi in macchina devastanti. Come a dire: non puoi (più) girare la faccia da un’altra parte.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 3 del 2010

Autore: Erica Re

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