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La donna che canta

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su La donna che canta

di pazuzu
10 stelle

L'odio e l'amore, la guerra e la pace, il terrore e l'armonia: concetti tra loro inconciliabili, stati dell'animo e delle cose diametralmente opposti che se portati ad incontrarsi posson produrre l'ossimoro definitivo, lo shock che conduce alla pazzia e alla morte. O ad una nuova nascita. Poesia e matematica si sfidano e si attraggono, si respingono e collidono, con l'effetto deflagrante di una raffica di mitra che uccide la speranza, di un incendio che rade al suolo tutto e costringe a ripartire dalla cenere.

Una madre morta senza mantenere la promessa fatta al bimbo strappatole dal grembo, ma che per riuscire a riabbracciarlo difenderlo od onorarlo ha sofferto lottato e ucciso, costretta a resistere prima e sottostare poi alle folli regole di un conflitto interminabile e insensato; un uomo nato dalla passione ma cresciuto nella violenza, segnato da un imprinting frettoloso e abortito e dalle impronte indelebili di un abbandono forzato e inevitabile; due figli ignari del più infame degli abusi, allevati a debita distanza da un passato doloroso ma chiamati ad indagarlo per riallacciare i fili delle proprie storie.
Questo e molto altro è Incendies, diretto dal canadese Denis Villeneuve e da lui stesso sceneggiato (con la collaborazione di Valérie Beaugrand-Champagne) partendo dall'omonima opera teatrale di Wajdi Mouawad, cittadino del mondo vissuto in gioventù in Francia e poi trasferitosi in Canada ma nato nello stesso Libano che è il possibile (probabile) teatro dei tragici eventi, mai però esplicitamente citato: Daresh, Deressa e Kfar Ryat, rispettivamente la città, il campo profughi e la prigione in cui si svolge la massima parte di un'azione spalmata in una quarantina d'anni di andirivieni temporali, sono infatti luoghi inesistenti, chiamati a simboleggiare un (volutamente) non meglio precisato angolo di un medio-oriente in cui l'appartenenza ad un credo religioso piuttosto che un altro può autorizzare a freddare una bambina sparandole alla schiena, e in cui uccisioni e rappresaglie si succedono secondo una logica «implacabile come un'addizione».

Candidato all'Oscar (come miglior film straniero) nel 2011 dopo aver fatto (non solo in patria) incetta di premi, ed uscito in Italia con il titolo La donna che canta (ovvero quello di uno dei capitoli in cui è diviso), Incendies è un film di innegabile potenza, un'esperienza destinata a fissarsi a lungo negli occhi e far tremare il cuore, che coinvolge fin dalle prime immagini, in cui un ragazzino derubato dell'infanzia rivolge alla telecamera uno sguardo annichilente sulle note struggenti di You and Whose Army? dei Radiohead (che con anche la lisergica Like Spinning Plates supportano da par loro il già avvolgente score di Grégoire Hetzel), cresce per mano della regia elegante ed evocativa di Villeneuve (scortata dalla valida fotografia di André Turpin) e sconvolge in un crescendo che trova, in un finale agghiacciante, una quadratura del cerchio di aritmetica (im)perfezione e travolgente impatto emotivo.

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