Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Dissociandomi dal pressochè unanime consenso di pubblico e di critica, ho trovato questo film eccessivamente esasperato, non tanto e non solo per la drammaticità della storia che precipita in avvitamento esponenziale verso un finale sconvolgente (qui pure gli eccessi non mancano, ci ho intravisto una sorta di pruriginoso compiacersi nell’aggiungere dramma al dramma, affidandosi a carambole di coincidenze fin troppo ricercate per essere immuni quanto meno dal sospetto di aver voluto creare emozione artificiale – dicasi “artificiale”, non “artefatta”-), quanto per i toni eccessivi di narrazione (spezzettata e disidratata) di dialoghi e di recitazione (spesso affettata, talvolta superficiale), il tutto dentro la cornice di una fotografia cianotica e anonima che lascia correre per la sua strada l’emozione, senza riuscire ad amalgamarla con la visione, propriamente intesa.
Non sono un inventore di storie, per cui non so dire quanto sia o non sia facile inventarsi una storia incredibile come questa (ma anche “Guerre Stellari” ci si può inventare…). Di certo però, spostandola sul musicale, il nome della donna che canta (quel Niuàl-Maruàn che fa tanto Obiuàn…) ripetuto diecimila volte come un mantra, resta dentro le orecchie per una mezz’ora buona dopo l’uscita dalla sala, e vien da chiedersi se si sia visto un drammaticissimo film o piuttosto non ci si sia risvegliati da un brutto sogno. Magari (perché no? I nostri tempi son quel che sono…) collettivo.
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