Regia di Antonio Capuano vedi scheda film
Antonio Capuano è uno di quei registi che non fanno notizia, quindici anni fa il suo controverso PIANESE NUNZIO 14 ANNI A MAGGIO fu in concorso a Venezia e del film rimasero solo le polemiche pretestuose per il tema trattato. Solitario e ostinato, l’autore partenopeo ha proseguito un percorso ideale di cinema che parte sempre dalla cronaca per diramarsi in racconti introspettivi sulle difficoltà del vivere. Originale e inventivo come nel capolavoro LUNA ROSSA, appartato e ispido come LA GUERRA DI MARIO, anche nell’ultimo L’AMORE BUIO inspiegabilmente sottostimato (bisogna ribadirlo) ti sorprende. Ciro Fossa è un ragazzino che insieme ad un gruppetto di amici, al termine di una giornata al mare, stupra la diciasettenne Irene. Si autodenuncia e finisce nel carcere minorile di Nisida. Da questo momento i due adolescenti rielaborano il proprio dolore e smarrimento compiendo un viaggio di rieducazione interiore non privo di ostacoli e problematiche, ciascuno nel suo mondo di appartenenza e di estrazione. Al termine del cammino i loro sguardi lontani fisicamente ma vicini col cuore si incontreranno. Ciro chiuso, introverso e sensibile proviene dalla Napoli popolare, in carcere di notte non riesce a chiudere occhio, con l’aiuto di una psicologa e degli assistenti scopre un lato artistico che coltiva nelle forme più disparate cercando risposte dai suoi interlocutori, interrogandosi e interrogando sulla differenza tra amore e scopare. Ha gli occhi di diverso colore, uno blu e uno marrone, quasi che riflettano l’uno il mare di Nisida (via di fuga naturale) e la speranza e l’altro il carcere, la colpa, il futuro incerto. Irene appartiene alla Napoli bene, anche lei si chiude in se stessa non capita tra genitori assenti o meglio individualisti come la società di oggi e un fidanzato che sogna l’Università di Berkeley. In un corso di recitazione riprende consapevolezza del proprio io e del proprio corpo recitando un testo di Margherite Duras, è un’illusione perché vinceranno i progetti di carriera e di famiglia. Nel finale aperto e bellissimo gli sguardi intensi (dei bravissimi interpreti Gabriele Agrio e Irene De Angelis) varranno più di ogni altro commento. Capuano fin dalle prime suggestive immagini fotografate da Tommaso Borgstrom si conferma narratore dallo stile unico, possiede una levità e una determinazione non comuni ad altri cineasti. Il suo pregio è nel far emergere sentimenti, stati d’animo, riferimenti ben precisi al presente senza essere didascalico, senza ricorrere a furbizie o facili scorciatoie. Ogni scena ne è una dimostrazione, in completa antitesi con certo cinema d’impegno del passato recente che per farsi ricordare necessitava di scene madri e sopra le righe. Capuano se ne sottrae trattando con uguale passione crisi e degrado della nostra società. Stupenda la passeggiata di Irene sotto la pioggia alla scoperta della Napoli dei bassi, i luoghi di Ciro. L’AMORE BUIO è un film bello nel senso più alto del termine e come capita di rado induce a riflettere e discutere. Incastonati in questo gioiello brillano tutti gli interpreti professionisti e non e tra i primi Anna Ammirati, Valeria Golino e il concetto di bellezza, Fabrizio Gifuni attore di teatro alle prese con la memoria sfuggente di questo paese, Luisa Ranieri e Corso Salani. Belle ed essenziali le musiche di Pasquale Catalano.
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