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Rapunzel. L'intreccio della torre

Regia di Byron Howard, Nathan Greno vedi scheda film

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La recensione su Rapunzel. L'intreccio della torre

di FilmTv Rivista
8 stelle

46 mila lanterne luminose fluttuanti nel cielo, miracoli del digitale in 3D applicati a una fiaba dei fratelli Grimm, Raperonzolo, all’origine del film d’animazione Disney/Pixar. Solo il titolo italiano richiama il racconto degli scrittori tedeschi, Rapunzel. L’intreccio della Torre (Tangled in originale), una storia che resta tra i film mai realizzati di Walt sulla scia di Biancaneve e Cenerentola. Ma siamo nel 21esimo secolo, così il cartoon si rivolge ai teenager di oggi e sostituisce il tratto di matita con i pixel, coniuga la modernità con l’antica favola di una bambina rinchiusa da una strega in una torre e salvata da un principe. Rapunzel si è trasformata in un’adolescente dalle forme rotonde, una bambolina elaborata al computer, e il figlio del re è diventato un ladro spavaldo, Flynn Rider, ricercato n. 1 del Regno. Insieme a un camaleonte molto espressivo, un cavallo poliziotto e segugio, una banda di feroci villain dal cuore d’oro, la coppia fuggirà da una “strega” moderna, Madre Gothel, che per mantenere un’eterna giovinezza ha rapito la principessina dai capelli magici. Venti metri di chioma dorata, intessuti di luce, filamenti prensili che Rapunzel manovra come una liana o un lazo da cowboy, e cala dalla finestra della sua prigione in magnifiche evoluzioni (i capelli sono i più difficili da animare). Il cartoon tenta la perfetta miscela tra la tecnologia Pixar e la classicità Disney sotto la supervisione del creativo John Lasseter, a capo degli Studios, e anche se il digitale riduce i corpi umani a sagome gommose, dai tratti elementari, Rapunzel conquista l’incanto grazie anche ai registi Nathan Greno e Byron Howard, ex disegnatori del mitico staff di Orlando (Lilo & Stitch) e alla musica del compositore cult Alan Menken. Il 50° film d’animazione Disney batte La principessa e il ranocchio, esperimento non riuscito a tecnica mista (disegno a mano più computer), e realizza il “sogno” disneyano, una pioggia di stelle in terza dimensione che esce dallo schermo e invade la platea. Il wonderland è qui.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 48 del 2010

Autore: Mariuccia Ciotta

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