Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
http://scattincerti.blogspot.com/2011/03/hereafter-di-clint-eastwood.html
Uno tsunami come metafora dell'incertezza esistenziale
In questi giorni di sgomento per le catastrofi naturali che stanno colpendo il Giappone ho visto un film che si apre con uno tsunami. La visione di questa pellicola e la riproduzione di uno di questi "fenomeni" mi ha aiutato a comprendere meglio di che cosa si tratti e di quali danni possa arrecare ad una località/popolazione.
Ma non basta: il film utilizza lo tsunami per raccontare gli effetti che questo evento ha sulla psiche della protagonista... per spingersi al confine tra la vita e la morte.
Se non fosse stato per la firma di Clint Eastwood, non avrei mai visto "Hereafter"
La locandina azzurra col faccione di Matt Damon mi ricordava i triti action movie americani. Il titolo, che in italiano significa "Aldilà", rievocava argomenti troppo complessi e impalpabili per un film diretto da un pragmatico californiano. La storia, per concludere, sembrava complessa e poco credibile.
Tutti pregiudizi.
Gli stessi che, da anni, accompagnano il mio sentire ad ogni uscita di quello che abbiamo imparato a conoscere come pistolero nella "Trilogia del dollaro" o ammazza-cattivi nei polizieschi dell'ispettore Callaghan. Ogni volta, in sostanza, rimango sorpreso e favorevolmente impressionato dai film di Eastwood regista. Non fa eccezione questo "Hereafter".
Una struttura narrativa complessa
Il nostro ci presenta ben tre protagonisti e li fa muovere in quattro location differenti (Maui, Parigi, Londra, San Francisco). La determinata giornalista Marie, il solitario sensitivo George e il giovanissimo Marcus sono accomunati da un forte interesse nei confronti nella morte. Hanno tutti vissuto esperienze al limite: Marie è sopravvissuta ad uno tsunami, George ha subito una operazione al cervello che lo ha reso sensitivo, Marcus ha perso il fratello gemello in un incidente e sopravviverà a un attentato.
Attentati, catastrofi, morti improvvise e licenziamenti
Il mondo messo in scena da Eastwood è globale, interconnesso e molto pericoloso. Eventi imprevisti rivoluzionano le esistenze dei protagonisti. Esiste un nesso, non solo tra queste (i tre si ritroveranno al termine del film, in una spirale narrativa che li avvicinerà e unirà) ma anche tra la vita e la morte. I personaggi vengono spinti al limite e costretti a porsi domande, a cercare risposte su ciò che va oltre l'esistenza.
Non si tratta di un film religioso ma di un laico tentativo di raccontare i misteri dell'esistere. Eastwood, che da tempo si interroga sulla morte e l'assenza dei propri cari, si spinge qui molto oltre, dando alla luce un film che è, nel contenuto, un outsider. Lo è il racconto, incentrato di fatto sulla parapsicologia, e lo sono i protagonisti messi in scena, emarginati per la loro capacità di "vedere oltre". Lo è stato, del resto, lo stesso Eastwood, agli ultimi Oscar, dove proprio non poteva vincere con un film tanto strano.
Il solito, delicatissimo, modo di raccontare
Meno strano è invece il modo di inquadrare e raccontare del regista, sempre molto attento alla caratterizzazione dei personaggi e ai finali che, pur nella loro amarezza, lascino intravedere un fondo di speranza. Non posso che sentirmi di consigliare un film dove, nella prima mezz'ora, vengono presentati tre protagonisti con cui entriamo subito in sintonia e che abbiamo il profondo desiderio di seguire nelle loro peripezie. Chi, come me, non ha apprezzato l'ultimo film di Aronofsky proprio per la sua algida perfezione formale e narrativa, che sacrifica inevitabilmente i personaggi, lo apprezzerà sicuramente (vedi http://scattincerti.blogspot.com/2011/02/black-swan-di-darren-aronofsky.html).
P.S. In "Hereafter" le sfumature sono molto più importanti di ciò che può essere descritto e raccontato: è per questo che ho avuto tanta difficoltà e imbarazzo a scrivere questo pezzo.
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