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Hereafter

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Hereafter

di chinaski
8 stelle

Il dolore è umano. Come il senso di perdita per qualcuno che non c’è più. E’ umana l’elaborazione di un lutto. E ancora più umano è chiedersi cosa nasconda il mistero della morte. La risposta più bella esce fuori dalle labbra di George (Matt Demon) quando parla con il piccolo Marcus, riferendosi al fratello gemello che gli è morto. Tu sei lui e lui è te. I morti, se sono stati amati, continuano ad esistere nel cuore di coloro che ancora vivono. Eastwood non cerca di professare nessuna dottrina religiosa sull’aldilà, il suo approccio è laico, le visioni del mistero sono fatte di luce e contorni sfuocati; negando una forma precisa a ciò che non si può conoscere Eastwood compie, prima di tutto, un gesto di umiltà e di grande rispetto nei confronti dell’ultima esperienza che ci attende e verso la quale, per la sua età, si sta ormai avvicinando. E’ quindi importante, dal punto di vista umano e artistico, per Eastwood compiere una riflessione di questo tipo, perché significa che la sua arte è a stretto contatto con la sua vita, che i temi trattati nei suoi ultimi film sono il frutto  di un viaggio che dura ormai da quasi ottant’anni e ogni pellicola è un tassello di un affresco morale e etico nel quale il regista non si tira indietro davanti alle grandi domande che riguardano il nostro esistere.

Il personaggio di George non vive la sua capacità di entrare in contato con i morti come un dono, ma come una maledizione. Perché ogni volta, la possibilità di aiutare un’altra persona, significa per lui la conoscenza diretta del carico di dolore che quella persona si porta dietro. I suoi drammi. Il particolare che illumina di una luce ancora più umana i momenti delle sedute di George è l’ironia, qualcosa che non ti aspetteresti mai dai chi ha lasciato questa vita.

Hereafter ci conduce lungo una riflessione in cui due grandi tragedie dell’ultimo decennio, lo tsunami e gli attentati terroristici a Londra, vengono rielaborate come sfondo di tre drammi individuali (l’esperienza diretta della morte, quella del lutto e quella di mettere in contatto i vivi e i morti) che portano i tre personaggi principali (George, Marcus e la giornalista francese Marie) ad una catarsi che sfocerà nell’altro grande mistero dell’animo umano: l’amore.

Abbracciarsi e prendersi per mano e sentire che quella vita che ci pulsa dentro è il vero e unico dono che ci è stato fatto. E non il sapere quello che ci aspetta dopo che l’ultimo respiro sarà esalato.

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