Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Che il più grande regista vivente, arrivato a 80 anni, stesse pensando da qualche tempo al tema della morte lo si era capito da un po'. In Gran Torino era uscito di scena con i piedi davanti; in Million Dollar Baby aveva toccato con coraggio il tema dell'eutanasia e in Mystic River quello della violenza familiare capace di trasformare le persone in cadaveri. In Hereafter, ennesimo sigillo di una carriera tanto esemplare quanto entusiasmante, Eastwood affronta nientemeno che il tema dell'aldilà. Lo fa attraverso tre storie, riannodate nel finale in occasione di una fiera libraria londinese, che rappresentano una piccola novità strutturale nel cinema classico che è la cifra stilistica del regista statunitense. I primi dieci minuti, che mettono in scena uno degli incipit più impressionanti che si possano ricordare nella storia del cinema (per la strabiliante potenza visiva verrebbe da assimilarlo a quello di Salvate il soldato Ryan), ricostruisce lo Tsunami che nel 2004 devastò le coste di Thailandia e Indonesia, dove una nota giornalista francese (De France) fa un'esperienza di passaggio nell'aldilà che le cambierà la vita. A Londra un dodicenne (McLaren) perde tragicamente il gemello a cui era indissolubilmente legato: cercherà a lungo di entrare in contatto con lui rivolgendosi a medium che si dimostrano dei ciarlatani. E infine c'è la storia di George (Damon), sensitivo tutt'altro che ciarlatano, che - stanco di vivere attraverso il suo "dono" le vite degli altri - si è messo a fare l'operaio a San Francisco, cercando in un corso di cucina italiana quella normalità che gli è sempre mancata. Tre storie raccontate sapendo come far palpitare lo spettatore senza mai cedere al piagnisteo, toccando un tema difficilissimo in maniera tanto sobria quanto laica, attraverso una messa in scena asciutta e fluida al centro della quale continuano a rimanere gli sforzi dei singoli, un topos della poetica eastwoodiana. Lo sceneggiatore Peter Morgan (che aveva già firmato ottimi copioni come quello di Frost/Nixon, The queen e L'ultimo re di Scozia) si era inizialmente rivolto a Shyamalan, che probabilmente ne avrebbe ricavato la fotocopia de Il sesto senso. Eastwood vola invece altissimo facendone un film sulla vita che resta, sulle difficoltà di conciliarci con la perdita delle persone care, lasciandoci come sempre pagine di grande cinema: da quella dello tsunami a quella del corteggiamento durante il corso di cucina, a un abbraccio dopo la catastrofe che da sola basterebbe a giustificare il prezzo del biglietto. Immenso Clint.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta