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Vallanzasca. Gli angeli del male

Regia di Michele Placido vedi scheda film

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La recensione su Vallanzasca. Gli angeli del male

di FilmTv Rivista
8 stelle

Chi scrive pagherebbe per un documentario sul rapporto tra Vallanzasca e Placido: potrebbe essere uno dei più bei film della Storia, considerati i caratteri e la verve dei due. Sperando in un dvd extra nell’edizione home video, dobbiamo “accontentarci” del film, nuovo capitolo del romanzo nazional-criminal-popolare del regista che ha ridisegnato il nostro star system attoriale con i cattivi ragazzi di Romanzo criminale, come Giordana fece con quelli bravi di La meglio gioventù. Placido ripesca il Freddo e gli dà la scivolosa parte di Renato Vallanzasca per un biopic che con la contraddittoria sfacciataggine di Carlos e la guasconeria sociopolitica di Nemico pubblico n. 1 guarda il passato recente del proprio Paese attraverso un criminale spietato e irresistibile. In tutti i sensi. Se aggiungiamo La banda Baader Meinhof si capisce come, partendo dal successo clamoroso del brand Romanzo criminale (la serie Tv è arrivata in 35 Paesi, il libro di De Cataldo è un cult), l’Europa si sia raccontata proprio attraverso i suoi nemici pubblici numero uno. Ma l’Italia bigotta e stracotta punta il dito contro Placido, dimenticandosi del suo Un eroe borghese e che il bel Renato era idolatrato dai giornali italiani e che a scrivergli in carcere erano le casalinghe disperate e innamorate del Belpaese, non certo il cineasta pugliese. Lui ha solo il merito di aver messo su un efficace gangster movie nella Milano che, in attesa di diventare da bere, andava “bevuta”, tra Vallanzasca (un Kim Rossi Stuart perfetto) e Francis Turatello (un ottimo Francesco Scianna). Gli fa girare attorno un’altra “banda”, meno invadente di quella della Magliana, in cui spiccano un Timi fuori di testa, Bleibtreu e la coppia di regine Solarino & Paz Vega. Renè è un “matt-attore”, una carismatica e irresistibile canaglia, che spara e paga, in prima persona. L’antenato dell’Italia delle icone mediatiche. Perché allora il film dà fastidio? Forse perché René era un milanese di successo assetato di donne, denaro e fama? Vi ricorda qualcuno? Uno più basso, più brutto, più ricco, meno ero(t)ico. Avete indovinato, bravi.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 3 del 2010

Autore: Boris Sollazzo

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