Regia di Michele Placido vedi scheda film
Ben diretto e ben recitato, questo film conferma le doti registiche di Placido e quelle interpretative di Kim Rossi Stuart, un attore che è lentamente maturato come tale nel corso della sua carriera (dagli esordi di "figo" e basta). Altro pregio del film è che non c'è aria di fiction televisiva, che chissà perché s'appiccica come pece su pellicole che trattano di mafia o criminalità.
Detto questo, non posso prescindere da un giudizio morale sul film, e sulla prospettiva in cui viene narrata la vicenda e descritto il personaggio. Nella prima parte ho notato una visione di questo tipo: il bandito è un uomo non così negativo e così da condannare, pure lui ha dei principi giusti accanto ad altri discutibili; le guardie sono invece degli sbirri bastardi che picchiano e basta. Del ladro e pluriomicida si cerca di spremere il positivo come dalle pietre, mentre dei poliziotti sue vittime (e picchiati da lui stesso) si fa un ritratto solo negativo.
La figura del protagonista mantiene per di più una vaga aura di simpatia durante tutto il film, prospettiva che ritengo molto discutibile. Esterna allo sguardo del regista, invece, è la fedele rappresentazione del seguito che tutto sommato il bandito aveva su una certa parte della popolazione, che lo vedeva come un impavido e intrepido eroe. In questo discorso rientra anche il fascino che Vallanzasca (ahimè) esercitava sulle donne, su quelle che conosceva di persona e quelle che vedevano le sue "gesta" alla televisione. Ma questo aspetto non è estraneo a quasi nessun grande criminale.
Fatta questa doverosa precisazione sull'aspetto morale dell'opera, posso dire che è un film che si segue bene durante tutta la sua durata e non ha momenti di stanca. Le caratterizzazioni dei personaggi sono riuscite e accurata è anche la ricostruzione d'epoca.
Trovo eccessive e non necessarie certe scene di cruda violenza, delle quali il film poteva fare a meno senza esserne impoverito.
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