Regia di Michele Placido vedi scheda film
«Io non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un po' pronunciato, mi sento come l'angelo affascinato dal buio»: questo dice di sé Renato Vallanzasca nell'intervista rilasciata da latitante a Radio Popolare nel 1987. Vallanzasca - Gli angeli del Male ripercorre la storia dei suoi crimini, che iniziano a soli 8 anni, quando l'assalto ad un circo per liberare una tigre gli fa guadagnare la prima reclusione in un carcere minorile; seguono i primi furtarelli nel quartiere del Giambellino, alla periferia di Milano, poi, con la maggiore età, le rapine i sequestri le sparatorie e gli omicidi, con i relativi arresti e le evasioni, due volte riuscite e altre solo tentate.
«Io non sono una vittima della società, non vengo da una famiglia povera e avrei potuto fare altro nella vita, soltanto che ho scelto di andare a rubare»: Vallanzasca è «nato per fare il ladro», delinque per vocazione, rifiutando ogni regola della società civile; è un personaggio ribelle violento esibizionista controverso e socialmente pericoloso perché subdolamente affascinante, perché dotato di un appeal mediatico capace di renderlo, per parte dell'opinione pubblica, una sorta di eroe romantico: guidato da principi teoricamente condivisi o condivisibili dall'uomo comune ma patologicamente radica(lizza)ti in un certo tipo di mentalità criminale (il ruolo centrale della famiglia, la lealtà), e fornito di un eloquio affilato, di una strafottenza e di una sicumera che lo portano a sfidare le istituzioni su più livelli (al punto di prendere la parola al proprio processo non per difendersi ma per scagliarsi contro l'inadeguatezza della Giustizia italiana) Vallanzasca si guadagna una popolarità tanto inattesa quanto inquietante che si misura dai chili di lettere che quotidianamente riceve in carcere da ragazze infatuate e disposte a tutto, una delle quali giungerà addirittura a sposarlo in carcere, praticamente al buio, col rito che al "bel René" serve in realtà per sancire l'alleanza con l'ex boss rivale Francis Turatello.
Ed è partendo dal fascino ambiguo del personaggio Vallanzasca che si sviluppa il film di Placido: Vallanzasca - Gli angeli del Male ruota infatti totalmente attorno alla figura del "boss della Comasina" (lasciando al resto della banda le briciole), ne ricostruisce la carriera criminale concentrando l'attenzione quasi esclusivamente sulla sua persona, fornendone l'immagine a tutto tondo, definita e sfaccettata, e narrandone le malefatte con puntualità e dovizia di particolari, ma sempre ponendo l'accento sui suoi pensieri e sulla sua filosofia di vita, sul suo rapporto con gli amici e con le donne, e sul suo istinto di protezione nei confronti dei genitori e del figlio avuto da Consuelo, la sua prima compagna. Ma non c'è nulla di agiografico, non c'è gratuità, il punto di vista del regista è assolutamente distaccato, freddo, equidistante: prendendo spunto dall'autobiografia di Renato Vallanzasca Il fiore del male, scritta a quattro mani con il giornalista Carlo Bonini, e dal libro Lettera a Renato, scritto con l'ex amica d'infanzia divenuta prima sua compagna e poi, dal 2008, (seconda) moglie Antonella D'Agostino, Placido sceglie la via della nuda cronaca, alleggerendo il racconto da riferimenti eccessivamente didascalici al contesto sociale e politico ed evitando di emettere giudizi di sorta, preferendo servire un racconto sintetico ritmato e privo di tempi morti attraverso uno stile di regia asciutto incalzante e senza fronzoli.
Perfettamente calibrato tra poliziesco polar e gangster movie, e sostenuto da un cast all'altezza, con in testa un Kim Rossi Stuart in forma smagliante nella parte del bandito protagonista, Vallanzasca - Gli angeli del male è un film solido ed equilibrato, un chiaro esempio di cinema italiano di spessore internazionale da difendere esportare e sostenere.
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