Regia di Michele Placido vedi scheda film
Film potentissimo, robusto, asciutto e senza fronzoli. Ma anche molto diretto, crudo, durissimo, a tratti al limite della sgradevolezza. E questa, signori, è una notizia. La notizia è che, nell'anno di grazia 2011 del cinema italiano, un regista è riuscito a condurre in porto un progetto artistico che nulla a che fare con tormentoni di Zelig, comici noti in televisione e gag messe in fila. Certo, Michele Placido è un privilegiato perchè ha potuto imporre una sua forza contrattuale, tuttavia resto convinto che la sua scelta non sia stata agevole, e gli sia costata più di un sacrificio. Il coraggio costa. Soprattutto in termini di consenso. Com'era prevedibile infatti il film si sta rivelando un mezzo flop, gli esercenti lo stanno già smontando a nemmeno due settimane dall'uscita in sala. In un tripudio di Zaloni e di Albanesi e di Maschi contro Femmine naturalmente Immaturi. Lo dico chiaro e forte:questo film mi ha entusiasmato. Vi ho respirato (a pieni polmoni!) un'aria irresistibile da cinema di genere come non mi capitava da tempo. I volti, le situazioni, il linguaggio, la fotografia, le posture, i dialoghi...tutto concorre perfettamente a ricostruire con passione un'epopea malavitosa carica di suggestioni drammatiche. Il tutto curato da Placido con mano sicura e senza sbavature, con l'attitudine di chi vuole definire un'epoca nei dettagli, smuovendo percezioni negative, quelle di cui amano contaminarsi coloro, come il sottoscritto, che amano le storie noir, le vicende di gangster e malavita. Quelle vicende tanto rare nel nostro cinema quanto sono frequenti invece nelle produzioni francesi, e sulle quali il cinema d'oltralpe ha costruito un filone di eccellenza. E a questo punto bisogna pur dirlo, anzi gridarlo, alla faccia dei soliti politici ignoranti (del solito partito) che si sono preventivamente indignati per una presunta "glorificazione dell'eroe": Vallanzasca da questo film non ne esce male, ne esce malissimo!! Un disgraziato d'un balordo che si crede d'essere chissà chi e che alla fine si riduce alla condizione di un disperato in fuga, solo come un cane braccato, la cui collezione di gesta balorde non gli sarà servita a nulla. Quei signori che questo me lo chiamano "esaltare un eroe" farebbero meglio a pensare ai loro Barbarossa. Il film mi ha appassionato soprattutto nella sua accezione più noir, maledetta, fatalmente perdente. Ecco, questo è "Renatino", un loser, ma un loser il cui fascino romantico ne esce fatto a pezzi. Sono presenti scene che mi hanno davvero appassionato per la loro forte suggestione "d'ambiente", tipo certe sequenze all'interno di bische e night club che hanno fatto palpitare la mia anima cinefila. Così come pure la classica location da carcere duro, dove affiorano i peggiori istinti tra detenuti animati solo da desideri di vendetta. Su tutti si erge un sontuoso Kim Rossi Stuart in pieno stato di grazia e che si rende protagonista di una incredibile adesione al personaggio, il più impegnativo della sua carriera. Degno di attenzione poi un grande Filippo Timi, da alcuni fortemente criticato per una supposta recitazione sopra le righe: non sono d'accordo, penso anzi che quel personaggio di uomo instabile e spesso alterato dal consumo di droghe esigesse proprio quel tipo di caratterizzazione. Una segnalazione per il tedesco Moritz Bleibtreu, qui quasi irriconoscibile, a mio avviso uno degli attori più bravi d'Europa. E infine le due donne del film, Valeria Solarino e Paz Vega, entrambe bellissime e brave in egual misura. Una nota per i musicofili; la colonna sonora è notoriamente affidata ai Negramaro, ma a me interessa un altro dettaglio, che pochi noteranno. All'inizio del film, nel corso di una bella sequenza all'interno di un locale notturno, si intravede un gruppo esibirsi su un palco: si tratta della miglior band italiana del momento, i formidabili Calibro 35. Per chiudere, due amare considerazioni. La prima è che in Italia film così non se ne fanno più, dato che i produttori se non ci sono "le facce dei comici" non sganciano nemmeno un euro. La seconda cosa implica una triste riflessione. Al festival di Venezia il film è stato programmato fuori concorso per non urtare le ire dei soliti politici caproni: se fosse stato in gara, a Kim Rossi Stuart la Coppa Volpi come miglior attore non gliel'avrebbe levata nessuno.
Voto: 10
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