Regia di Michele Placido vedi scheda film
Dopo averci narrato, sia pure in forma romanzata e quindi con parecchie licenze (che erano comunque già nel romanzo alla base del film), le vicende della Banda della Magliana nell'ottino Romanzo Criminale, Michele Placido si cimenta in un altro tuffo nei criminosi anni '70 e porta sullo schermo la storia di Renato Vallanzasca, il boss della Comasina.
Questa volta non siamo dunque di fronte a una storia originale, sia pur ispirata a vicende reali, ma alla narrazione di fatti e accadimenti veramente successi.
Vallanzasca è stato un personaggio al di sopra delle righe, uno assetato di soldi e belle donne che per rincorrere il suo sogno ha abbracciato senza indugi la via del crimine: e questo narra Placido, e lo fa con il mestiere e la fermezza di chi sa quali strade percorrere per tenere lo spettatore incollato allo schermo. Non si capiscono quindi le furiose polemiche che sono seguite a (anzi hanno anticipato) l'uscita del film, si potrebbe al più accusare il regista di essere partito dall'autobiografia di Vallanzasca e non aver dato maggior peso ad altre fonti. Ad esempio abbastanza contestabile è la ricostruzione dell'episodio del ritrovamento del biglietto che lo incastra dopo una rapina (qui di un furgone portavalori, nella realtà di un supermercato): le immagini del film mettono un pò ambiguamente il sospetto che sia stata una mossa della polizia per sbatterlo dentro, secondo quanto racconta Achille Serra in Polizioto senza pistola le cose andarono un pò diversamente, con il bel René che si sfila il rolex e sfida il polizioto ad incastrarlo ("questo sarà tuo se ci riesci") cosa che avviene grazie al ritrovamento del listino degli stipendi del personale del supermercato rapinato (stracciato a pezzettini ma ricomposto dalla polizia) nel cestino della spazzatura.
Insomma l'idea che si sia voluto un pò mitizzare il protagonista sotto sotto c'é, ma siamo ben lungi dall'apologia.
Renato Vallanzasca esce alla fine ritratto dalle immagini del film per quello che era: un criminale che non aveva scrupoli per arrivare ai suoi obiettivi, che non aveva il benché minimo senso delle regole sociali e della legge. Che poi un personaggio del genere scatenasse l'isteria della donna media italiana con conseguente sommergimento del protagonista da lettere d'amore questa è la realtà dei fatti, a dimostrazione come in questo nostro paese alla fine quelli che girano carichi di soldi su belle macchine, con fortune non meglio identificate, siano apprezzati molto più di chi conduce una vita onesta. Verrebbe voglia di far qualche parallelo con l'attualità dei fatti ma rischiamo di essere banali e soprattutto di uscire fuori dal seminato.
Diciamo piuttosto che a questo Vallanzasca manca qualcosa, manca l'afflato epico che si avvertiva in Romanzo Criminale, manca la complessità dell'azione. Là i diversi personaggi che occupavano il palcoscenico rendevano, ognuno con le loro peculiarità ben ritratte dal regista, una miscellanea di emozioni che qui non sia avvertono. Manca la banda, verrebbe da dire, che in questo film è solo uno sfondo al personaggio unico che copre la scena, ma manca anche il Commissario Scialoja della situazione, il poliziotto che si attacca alle tue calcagna e non ti molla rivelando inclinazioni simili a quelle dei nemici che combatte.
Non poteva essere diversamente, questa è una storia imperniata solo su un uomo, obiezione correttissima. Ma è un dato di fatto che neanche la protagonista femminile Antonella/Paz Vega riesce veramente a ritagliarsi un ruolo che non sia solo quello di una comprimaria con apparizione saltuarie. Alla fine rimane l'impressione che a questo film manchi qualcosa per essere davvero grande (come altre volte è invece riuscito a Placido, oltre al già ricordato, e non lo nomino più, sicuramente va ricordato Un Eroe Borghese). Il voto giusto sarebbe tre stelle e mezzo.
La storia di Renato Vallanzasca, dagli esordi con le prime bravate adolescenziali fino all'ingresso nella mala milanese per diventarne presto l'assoluto protagonista, e poi i contrasti con il boss Francis Turatello, il carcere, le botte, i tentivi di evasione spesso coronati da successo fino all'arresto definitivo
La mano felice c'è anche in un film non perfettamente riuscito come questo
Ottima interpretazione, probabilmente la cosa migliore del film. Un attore completo di grande qualità che ha dimostrato di non dormire sugli allori (leggi fare solo parti del belloccio) ma ha lavorato molto su se stesso. E pensare che rischiavamo di vedere Scamarcio al suo posto
Bella da togliere il fiato.
E' brava e lo si vede ma ha davvero poco spazio. Sembra un'occasione sprecata.
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