Regia di Michele Placido vedi scheda film
Al festival di Roma lo scorso Ottobre ha ricevuto sia critiche negative che vari attacchi un pò pretenziosi da parte di politici leghisti,secondo i quali il film su Renato Vallanzasca si traduceva in un'apologizzazione della cruenta vicenda del "bel Renè",e le sue gesta criminose raccontate con un'aura romantica molto peggio che discutibile. Cinque anni dopo il notevole risultato di "Romanzo criminale",Michele Placido torna a raccontare il lato noir degli anni Settanta in Italia,contrapponendo il racconto di uno dei più celebri banditi dell'epoca all'epopea simil-western della Banda della Magliana,sempre usando Kim Rossi Stuart come protagonista.Vent'anni di sangue e piombo,uccisioni e regolamenti di conti, tradimenti e patti tra delinquenti:dalle interviste rilasciate,è evidente che Vallanzasca non è affatto un idiota,ma un uomo consapevole di se stesso,sia della propria trista fama che della propria sconfitta umana,e questo è un fatto. Un altro fatto,è che Placido abbia realizzato un'opera che sia figlia del "genere" più marcato,e tuttavia gli ha dato ancora una volta un taglio che magari riuscisse ad altri,qui da noi. Il film è montato ad arte,ritmato,discretamente raccontato (a parte il personaggio di Timi e quello della Vega,un pò tirati via nell'insieme),che abbraccia un arco di tempo ampio,e scorre via come acqua. Per quanto riguarda la presunta esaltazione del personaggio-Vallanzasca,è piuttosto fuori luogo quest'idea,perchè il gangster interpretato con intensa aderenza da Rossi Stuart,uno dei migliori attori italiani in assoluto,ha sì un'aria da ribaldo charmant (come l'originale,d'altra parte),ma ci viene mostrata anche la sua abilità nell'uccidere,la sua violenza irrefrenabile. Se Placido vorrà continuare questo percorso,non sarò tra quelli che se ne dispiacciono.
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