Regia di Mario Martone vedi scheda film
Romanzo storico di ampio respiro, getta significativi ponti tra il presente e l'epoca risorgimentale. Tre vite diverse, quelle di Domenico, Angelo e Salvatore, immolate, ognuna a proprio modo, sull'altare degli ideali patriottici. Speranze, illusioni, paure, tradimenti, complotti, scelte, sacrifici, passioni, fughe, esilio, battaglie, sconfitte, morte, attentati, impotenza di fronte al gioco dei poteri forti e degli interessi politici ed economici che tutto macinano, che tutto strumentalizzano, che tutti ingannano e asservono al loro volere. Un grande mosaico dove il senso di spaesamento dato dalla congenita frammentazione della penisola si riflette in un amarissimo finale, davvero notevole, in cui un riflessivo Lo Cascio (uno dei nostri attori di punta), vaga nei corridoi vuoti di un parlamento dove restano i fantasmi dei troppi volti di una nazione raffazzonata, rappresentata da file e file di cappelli a cilindro, posizionati uno accanto all'altro, senz'anima. Produzione da grande sceneggiato televisivo di piglio realistico-pedagogico, Noi credevamo ha dalla sua una sorta di prospettiva "periferica" dei fatti estremamente interessante, supportata da ricostruzioni e ambientazioni accurate, da interpreti efficaci e da una scelta musicale sostanzialmente ed efficacemente filologica, con Verdi, Rossini e Bellini a commento e sostegno delle vicende portate in scena. C'è però anche il contraltare dei canti popolari in un paio di sequenze significative: quella del battesimo e quella delle camicie rosse, a ricondurre il senso storico d'insieme, ancora una volta, al fulcro principale del narrato: il coinvolgimento del popolo. La regia è ferma, la sceneggiatura solida (con una leggera flessione nel lungo episodio carcerario), e la visione d'insieme, seppur dal passo pesante, desta sicuramente ammirazione per un lavoro ben fatto. Impegnato.
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