Regia di Mario Martone vedi scheda film
Un po' come fece Garrone per "Gomorra", l'estroso Martone abbandona il suo cinema impervio, atmosferico, decontratto per venire incontro al "popolo" e alle esigenze didattiche di un'opera concepita per sensibilizzare gli italiani su una tematica tanto radicale (in tutti i sensi) quanto misconosciuta come la Storia del proprio Paese (o, meglio, della propria Unità). Da qui, la "normalizzazione" dell'estetica, il taglio para-televisivo di alcuni passaggi, la linearità e il didascalismo della trama (al di là delle ellissi temporali, comunque ben addomesticate). D'altra parte, se ai tempi di Visconti, il linguaggio nazional-popolare era quello del melodramma, oggi è quello della fiction televisiva: pertanto, va da sè che se Visconti a suo tempo abbia fatto passare la profonda ed inedita riflessione sul Risorgimento di "Senso" attraverso il melò, Martone oggi abbia fatto la stessa cosa, coi mezzi della nostra epoca. Ciò non toglie che il regista partenopeo abbia saputo riscattare le soluzioni più corrive tipiche di tanta produzione riservata al piccolo schermo, in virtù della sua indiscussa maestria registica. Di più: Martone è riuscito in qualche modo a cospargere la sua visione cupa e rarefatta del cinema fra le pieghe di una vicenda di per sè epica, in realtà privata di ogni possibile sfogo catartico, di quel balzo in avanti, di quel progresso definitivo che avrebbe dovuto costituire il climax della nostra Storia, del momento stesso della "vittoria": in un affaticante movimento circolare, il Risorgimento di Martone si presenta infatti come una frustrante sequela di conciliaboli, complotti, tradimenti, ipocrisia borghese, interessi settari, divisioni interne, mitomanie, sincerità mal ripagata, attentati falliti, velleitari slanci rivoluzionari, secondo un idealismo tanto declamato quanto fagocitato da un Ordine che non cessa di rigenerarsi. E', ancora una volta, la morale gattopardesca ad averla vinta, solamente riveduta e corretta: "l'albero è stato piantato ormai...con radici malate, ma è stato piantato". Si tratta quindi di un film viscontiano, in tutto e per tutto: nell'estetica, classica e composta nel controllare il romanticismo della materia trattata, come nell'etica, pessimistica e disincantata.
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