Regia di Mario Martone vedi scheda film
Noi credevamo è un film stupendo. Quarant’anni di Storia che contribuirono a fare l’Italia attraverso lo sguardo e le gesta dei comprimari. Angelo, Domenico e Salvatore sono uomini che non lasciano il segno nella Storia ma sono rappresentativi di quella moltitudine di individui che con fervore lottarono per un ideale e se è vero che la Storia siamo noi è anche grazie a loro che certe pagine sono state scritte.
Martone divide la narrazione in quattro capitoli, non si sofferma tanto sulla vicenda storica quanto sul dramma che ne consegue.
I personaggi storici sulla scena sono figure di contorno (Mazzini, Crispi, Orsini), ombre palpabili (Garibaldi), o totalmente assenti (Cavour e le teste coronate). Soltanto la Principessa di Belgiojoso e Sigismondo di Castromediano hanno un ruolo di primo piano, quasi come se Martone intendesse risarcire due figure in debito con la Storia e la Memoria.
Il primo capitolo può essere considerato l’alba dell’utopia e abbraccia un periodo fatto di slanci, entusiasmi e passioni, che vengono affievoliti sul finire dalla consapevolezza che il prezzo da pagare per affermare un’idea non lascia puri e immacolati. Si delineano i caratteri dei tre protagonisti, originari del Cilento, repubblicani convinti, affiliati alla Giovine Italia; se Domenico, col suo carattere riflessivo, fermo e risoluto, incarna l’ideale della rivolta, Angelo, irruento e passionale, rappresenta la degenerazione della lotta e Salvatore, il popolano dei tre, sarà colui che, grazie alle proprie radici, per primo prenderà coscienza di una realtà ancora acerba per superare il conflitto di classe.
Il secondo capitolo, incentrato su Domenico, filma gli anni della segregazione dei cospiratori, in cui emergono i contrasti tra repubblicani e monarchici ma anche uno spirito di corpo che non viene fiaccato dalla detenzione.
Il terzo capitolo, costruito su Angelo, in preda a rimorsi e dubbi, è la degenerazione della lotta in terrorismo, con l’attentato a Napoleone III da parte di Orsini.
L’ultima parte, è ambientata subito dopo l’impresa dei Mille, in un sud che più che libero dai Borboni si scopre soggiogato dal nuovo potere sabaudo. Un Domenico ormai vecchio cavalca in ruscelli sulle cui rive giacciono cadaveri. Il Sud è ferito e Martone, in una scena notturna, fa un parallelismo col presente, riprendendo i pilastri in cemento armato di una costruzione abusiva. Per il resto la ricostruzione storica è di prim’ordine e la scelta di affidare le musiche di scena a pezzi d’epoca è estremamente convincente.
Noi credevamo è un film profondamente amaro e disilluso, sui voltafaccia della Storia e sulla caduta degli ideali. E’ un film potente che coinvolge e commuove. E lo sguardo dolente di Domenico su cui si chiude l’ultima inquadratura è quello di un uomo che ha visto un sogno frantumarsi ma nelle cui orecchie per sempre echeggerà il canto di speranza delle camicie rosse garibaldine.
Siamo dalle parti del capolavoro.
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