Regia di Massimo Coppola vedi scheda film
Massimo Coppola, che di cinema non è del tutto digiuno, sceglie per il suo esordio la strada più difficile: quella del film d'autore, dalle tematiche moderne e ostiche, con frequente ricorso a soluzioni stilistiche improntate al risultato estetico prima ancora che alla formalità (tentando di emulare un punto di riferimento piuttosto in alto, quale è Godard); in una parola: licenzia un'opera ambiziosa. Troppo, però: dopo averne applaudito il coraggio - strepitosa, in questo senso, la sequenza di apertura: una Classe operaia in stile Petri che si rintana nel formicaio della fabbrica, seguita con una suggestiva carrellata aerea - bisogna anche constatare con tutta l'amarezza del caso che Coppola ha peccato qua e là di autoindulgenza e di approssimazione. La prima, esemplificando, si ritrova nelle eccessivamente frequenti citazioni musicofile; il sogno di qualsiasi melomane appassionato di cinema è di realizzare un film in cui inserire il best of della propria vita: ma qui si esagera, perchè ogni cinque minuti, proditoriamente, il regista-sceneggiatore inserisce un pezzo dei Joy Division. L'approssimazione sta invece in alcune palesi falle della trama, costruita attorno a un personaggio discretamente definito (Eva, la brava Alexandra Purici) e circondato però da caratteri monodimensionali, sostanzialmente inerti, funzionali solamente allo svolgimento delle vicende di Eva; impossibile non notare come nessuno, tranne la protagonista, nel film si chieda cosa stia succedendo: la narrazione procede fornendo pochi indizi e alla spicciolata, ma nel frattempo nessuno dei personaggi in scena si fa domande o cerca di portare avanti una propria, personale logica. L'unica a fare eccezione è Anna, che vive vita propria, ma che purtroppo è interpretata dalla monoespressiva Erica Fontana (disastrosa, per essere gentili). Inspiegabili l'entrata in scena a mo' di sparring partner (altro personaggio-fantoccio) della madre di Eva, Katia, e l'uscita di Alfio Sorbello, drastica e immotivata; inoltre in questo film c'è una delle peggiori scene di sesso della storia del cinema, con Sorbello e la Pirici che si baciano con il trasporto di due che sembrano schifati l'uno dall'altra. L'esperienza televisiva - piuttosto raffinata in termini di regia e in questo senso atipica - di Avere ventanni ha sicuramente messo in condizione Coppola di realizzare un'impresa cinematografica 'in solitaria'; questo si nota bene nell'istinto di 'pedinatore' che muove la macchina da presa del regista verso la Pirici, spesso ritratta in primi o primissimi piani, con un percepibile affetto. E d'altronde l'esperienza della tv ha garantito anche l'apporto economico di Mtv Italia a questa pellicola, fornendo inoltre lo spunto iniziale per la scrittura della storia (una delle inchieste della trasmissione verteva proprio sugli operai della Fiat melfitana). Purtroppo però, nonostante il contributo ministeriale come opera riconosciuta di interesse culturale e il premio Fedic a Venezia 2010, Hai paura del buio tradisce le - alte, vale la pena di ricordarlo - aspettative createsi attorno al suo autore. Il buio del passato di Eva e quello del presente di Anna sono ancora nulla in confronto a quello in cui il film lascia lo spettatore al termine della visione. 4,5/10.
Eva, rumena, vent'anni, viene licenziata dalla fabbrica dove lavora. Da Bucarest vola a Melfi, alla ricerca della madre che l'ha abbandonata da piccola. Le sorprese che le si riveleranno saranno amare.
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