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L'amore e altri luoghi impossibili

Regia di Don Roos vedi scheda film

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La recensione su L'amore e altri luoghi impossibili

di leporello
4 stelle

E’ sempre un problema quando si è alla presenza di una trasposizione  filmica di un’opera nata come letteraria. Anche in questo caso, chi (come me) ha molto apprezzato il romanzo di Ayelet Waldman “Love and Other Impossible Pursuits” si troverà spiazzato sin dalla visione della locandina: è infatti un (duplice) peccato aver affidato ad un’attrice pulita e trasparente come Natalie Portman il ruolo sporco di Emilia, la protagonista del romanzo/film, che nella sua concezione originale è una donna tutt’altro che limpida e cristallina (è anzi complicata, torbida, sul limite del paranoico), e soprattutto piccoletta e grassoccia, contrariamente alla segaligna, splendida come sempre Natalie (e non è solo un dettaglio estetico: per chi ha letto il libro, l’abbondanza delle forme di Emilia gioca un ruolo fondamentale ed ha un suo significato ben preciso).

Non è semplice, dicevo, portare un best seller sul grande schermo. Ma ciò non giustifica lo sfacciato depauperamento di cui sceneggiatori, regista e autori vari si sono evidentemente resi colpevoli: da un romanzo che trasuda un’immane, profondissima e diffusa tristezza (non è solo per la piccola Isabel, morta dopo solo tre giorni dalla sua nascita, ma è tutto il tormento che questa tragica circostanza semina intorno a sé, in un contesto già di suo difficile e problematico come nel caso della vicenda dei genitori di Emilia), non è lecito, secondo me, pur nella libertà dell’espressione artistica di ognuno, tirar fuori un film poco distante dalla commediola buonista, condito di musichette alla Pokemon, con battute che, seppur uguali a quelle del romanzo, sono estrapolate con riprovevole arbitrio e piazzate sulla scena con  tempismo sfacciato, dozzinale e (diciamolo pure) anche un po’ volgare.

E se la infelicissima scelta di Natalie Portman è (almeno un po’) bilanciata da quella azzeccata di Scott Cohen nel ruolo del suo uomo e di Lisa Kudrow nella parte dell’ex-moglie di costui, imperdonabile sopra ogni cosa è la totale scomparsa di uno dei protagonisti del romanzo, ovvero Central Park, vero polmone della vicenda (e non solo verde), dove sono girate giusto quelle pochissime scene inomissibili (la “Marcia della Memoria”, ad esempio, una sorta di raduno di tutte quelle famiglie colpite dal medesimo dramma della perdita di un figlio piccolo), polmone e al tempo stesso utero fertile e imprescindibile dove viene concepito, si sviluppa, nasce, cresce e matura il rapporto tra Emilia e il suo figliastro William, che è poi il vero fulcro della vicenda, il “luogo impossibile” dove l’amore cerca disperatamente il suo posto.

Per non parlare dell’inspiegabile scelta di aggiungere tre, fondamentali anni (come non potrebbero esserlo a quell’età?) al personaggio di William (è un bambino di cinque anni nel romanzo, ne ha otto nel film), bambino a suo modo prodigio, saccente, intelligentissimo e indisponente nel romanzo quanto vagamente sciocco e anonimo nel film, che trova poi nella sua versione italiana, con la scelta di doppiarlo (dotato del  solito accento romanaccio) con una voce di bambina/femmina di quattro anni, il suo punto di caduta estremo.

Non si dovrebbe dire in un sito come quello che gentilmente ci ospita, ma… L’edizione economica del libro uscita di recente costa meno di un biglietto al cinema, e non aggiungo altro. Anzi no, aggiungo: andiamo al cinema, ma a vedere un altro film. E se avanza il tempo, (ri)leggiamo lo splendido libro della Waldman.

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