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L'amore e altri luoghi impossibili

Regia di Don Roos vedi scheda film

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AlexPortman80

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La recensione su L'amore e altri luoghi impossibili

di AlexPortman80
8 stelle

Voto: 8/10. Diretto da Don Roos (“The opposite of sex”, “Bounce”) e tratto dal romanzo di Ayelet Waldman, il film è solo all’apparenza l’ennesimo dramma familiare realizzato con lo stampino: e forse proprio per questa ragione, dopo la presentazione al Toronto film festival del 2009, è sparito dalla circolazione e dirottato ovunque, Russia esclusa, al piccolo schermo o all’home video.
In realtà si tratta di un’opera in cui i passaggi convenzionali lasciano spesso e volentieri spazio a soluzioni originali, sicuramente merito, almeno in primis, del libro. La pellicola mostra il percorso irto di ostacoli che si trova davanti una giovane donna, una serie di sfide che la costringono ad affrontare prima di tutto sé stessa, le proprie paure, i propri limiti, poi chi le sta intorno: un personaggio ben delineato, che il regista segue nelle sue continue evoluzioni ed involuzioni, evitando opportunamente la trappola dei facili sentimentalismi o le esagerazioni da scene-madri, riuscendo ad alternare il dramma all’ironia: i dialoghi, non di rado intelligenti e pungenti, sono distanti anni-luce da analoghe produzioni più simili a fiction da prime time da “bollino verde”. Marcata la critica rivolta alla società benestante e perbenista americana (ma non solo), con relative manie e difetti: scuola pubblica vs privata, religioni “esotiche”, diete bio, l’onnipresenza di internet…
Pure la messa in scena è sufficientemente riuscita, senza particolari picchi ma con alcune trovate non banali (ho trovato opportuni i due flash-back e il modo con cui è stato reso il momento della perdita della bambina). Una plumbea New York autunno/invernale è spesso mostrata sotto una coltre di nuvole, con prevalenza di toni grigio/celesti che si ritrovano spesso anche negli interni, soprattutto a sottolineare i momenti più difficili e la “freddezza” della protagonista.
Il tutto supportato mediamente da un buon cast (tranne Scott Cohen che non mi è parso eccezionale), dall’ “amica” Lisa Kudrow e dal giovanissimo Charlie Tahan alla segretaria Mary Joy, anche se su tutti brilla una solidissima Natalie Portman. Musiche d’atmosfera, con un paio di brani efficaci, firmate da John Swihart.   
 

Sulla trama

Una neolaureata in legge ad Harvard, Emilia (Portman), figlia di genitori divorziati, viene assunta come associata in uno studio legale dove conosce e s’innamora del suo superiore, Jack (Cohen), sposato con la snob Carolyn (Kudrow) e con figlio, William (Tahan). Le complicazioni per Emilia arrivano quando l’uomo decide di divorziare per sposare la giovane collega: le difficoltà col bambino, rese più acute dalla vera madre, il lutto per la morte della sua prima figlia Isabel, le incomprensioni tra i genitori…

Su Natalie Portman

Ancora una prova senza sbavature per un ruolo sfaccettato: Natalie Portman dà corpo (e volto!) ad una donna a volte cinica, altre volte complice, sensuale e fredda, con la consueta naturalezza e credibilità, senza mai andare sopra le righe. Divertenti anche quelle che potrei definire “autocitazioni” (volute?): la legge ebraica (è nata in Israele), Central Park (è newyorkese d’adozione), il cibo biologico (anche se in realtà è vegana) e Harvard (dove si è laureata). Alcune delle battute più riuscite del suo personaggio: “(Nei film) odio quando la protagonista è bella ma non riesce a trovare un uomo. Perché deve essere tutto così stupido?”; “Quando sei figlio di un giudice, o diventi avvocato o un criminale”; “Io non ho bisogno di una moglie, non voglio neanche sposarmi, praticamente sono un uomo”; William: “Adoro l’hummus, l’abbiamo fatto per la giornata del Medio-Oriente, l’hanno mangiato gli arabi e gli israeliani” Emilia: “L’hummus è la speranza del mondo”.

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