Regia di Jean-Claude Rousseau vedi scheda film
L’ambiente domestico è il luogo in cui i pensieri cadono mollemente al suolo, pesanti, antichi e polverosi come le stanze abbandonate, o come i versi di un arcaico poema. Il movimento solitario di un uomo nella propria abitazione è come una lenta, tranquilla danza attraverso diversi momenti di vita, diversi modi di riempire gli spazi vuoti ed accoglienti, consumati dall’abitudine a fornire conforto, calore ed ospitalità. Le pareti sono l’orizzonte, le finestre i panorami, e i corridoi le strade, in questo vagabondaggio che, in quanto privato e segreto, è veramente libero, senza mete né tabelle di marcia. La prigionia, che impedisce di progettare viaggi nel mondo reale, apre infinite possibilità di inventare percorsi attraverso il tempo e le distanze, senza dover rispettare l’ordine (crono)logico, la scansione dei giorni, il ritmo di luce e buio, né soggiacere ai variabili umori dell’atmosfera. Un quadro appeso alla parete e la tastiera di un pianoforte diventano spicchi di sogno a portata di mano, esattamente come un rubinetto rotto può essere un frammento di incubo: sono gli oggetti della casa a costituire il mondo, i cui dettagli sono, insieme, elementi concreti, offerti ai sensi, ed immagini vive, in cui si proiettano i moti dell’anima. L’effetto è quello pittorico di una natura morta, in cui sono i tagli delle ombre e gli effetti della prospettiva a conferire, alla composizione, un carattere in parte simbolico, in parte teatrale. Il significato dell’inquadratura risiede infatti nella posa: l’angolazione è una cadenza espressiva, il punto di vista è il tono di una riflessione, intorno ad uno scorcio di realtà che rimanda a tante situazioni analoghe, come una pila di stoviglie sporche che racconta di tanti attimi del giorno, di tanti sapori, di tanti desideri e piaceri appagati. Così è il corpo, e non il volto, a parlare per il protagonista, rappresentando i vari aspetti dell’attività umana, che è una variegata alternanza di pace e irrequietezza, destinate a rincorrersi dentro i limiti, severi e familiari, che circoscrivono le dimensioni del nostro essere. De son appartement è la quotidianità che perviene all’astrazione, ove la ripetitività è il principio attorno a cui si condensano i concetti, ed è, come un muro bianco e sempre uguale, lo sfondo uniforme che fa risaltare i contrasti nel mutevole andamento del pensiero.
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