Regia di Jean-Claude Rousseau vedi scheda film
L’immagine emerge dal buio come il suono dal silenzio ed il moto dall’immobilità. La ricerca cinematografica è l'attesa che le cose si compiano, sotto l’obiettivo, ossia che lo spazio inquadrato dalla macchina da presa, ferma al suolo, resti vittima dell’horror vacui e ceda, sotto l’innaturale peso della fissità, per riempirsi di eventi. L’invariabilità è innaturale ed antistorica; perciò non può che occupare un breve lasso di tempo, quello strettamente necessario a preparare la successiva evoluzione. Saper aspettare significa dilatare poeticamente l’intervallo di passaggio che separa il passato dal futuro, consentendo al divenire di trasformarsi nell’accaduto: in quell’interstizio crepuscolare tra il non è più e il non è ancora l’osservatore si predispone, trepidante, ad accogliere l’istante successivo come l’esplosione di una novità, magari scontata e prevedibile (come il sorgere del sole), ma sempre apportatrice di meraviglia. Lo sbocciare di un fiore da un germoglio è un fenomeno consueto ed automatico, che si ripresenta puntuale a primavera, ma il suo carattere ripetibile non lo rende meno emozionante e prodigioso. Così ogni fotogramma, anche il più banale, non può che vibrare di tensione, perché contiene, fremente, il germe di ciò che sta per avvenire. La soglia tra ciò che è stato e ciò che sarà è come il ciglio di un baratro, che procura vertigine a chi, in piedi sull’orlo, sta a guardare. L’indistinta presenza dell’oltre esercita su di noi un’attrazione che sa di sfida, però è di segno positivo: da lì proviene infatti il discreto, ma irresistibile richiamo che ci spinge ad andare avanti, facendo maturare i nostri pensieri, progetti e desideri. Là davanti il panorama sfuma nella nebbia, oppure la prospettiva converge, in lontananza, verso un indefinito contorno di piccole luci: sono tutte flebili tracce di una realtà che prosegue, e che ci invita timidamente a raggiungerla. Nell’opera di Jean-Claude Rousseau, la parzialità ed incompletezza della visione sottolineano la limitatezza per indurci a pensare al tutto, alla totalità di cui ogni frammento è un dettaglio rivelatore ed un simbolico rimando. Anche la voce fuori campo dell’autore, che, parlando di vicende quotidiane e personali, si sovrappone a scorci di paesaggi, è l’elemento soggettivo ed immanente che si manifesta, come un fenomeno isolato e puntiforme, nell’ambito dell’universo oggettivo, che si estende vasto e tranquillo nella sua millenaria perfezione. L’uomo vi è dentro, ma è altra cosa rispetto alle componenti fondamentali del cosmo, come la luce, il vento, le nuvole, le colline o gli atomi, che ne costituiscono, da sempre, l’intrinseca geografia. E’ nei tratti essenziali ed eterni del mondo che è scritta la filosofia di vita che tutti noi dovremmo imparare e fare nostra: le lezioni, in cui questo documentario è suddiviso, sono le tappe di un percorso di esplorazione che dovrebbe portarci a conoscere la Natura, e, ancor di più, ad amarla, accettando la sua sovrana diversità rispetto a noi, creature piccole, mortali ed insicure: noi che solo da Lei, attraverso i suoi immutabili meccanismi, possiamo attingere la giusta chiave di lettura del reale, che ci orienta nel presente e ci guida, con saggezza, verso l’alba di domani.
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