Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
Un film difficile. Esentato dall’onerosa comparazione con il romanzo (sono tra i pochi a non averlo letto), ho trovato che quest’opera terza di Costanzo conferma la sua genialità e il suo grande talento da vero “cacciatore” del cinema, un’istinto innato per l’inseguimento, la ricerca studiatissima, millimetrica delle inquadrature, delle prospettive, delle angolazioni . Tant’è che l’unica, vera, piccola stonatura che ho trovato nel film, sono quei due riferimenti un po’ troppo smaccati, uno alla gobliniana memoria dell’antico Dario Argento, l’altro a quell’Overlook Hotel e ai suoi corridoi, praticamente riprodotti allo stesso modo di Kubrik. Per il resto, a parte la costruzione temporale salterina (che molti hanno trovato sgradevole, mentre io mi limito a considerarla vagamente superflua), posso dire che Costanzo è davvero bravo a muovere la macchina da presa, ed ha dato a questa storia un’impronta importante e significativa, riuscendo a rendere un’atmosfera intensa e rarefatta insieme per tutto il (lungo) film, un senso di profonda solitudine (appunto) e di costante disorientamento, raggiungendo picchi di emotività molto alti in alcune circostanze (una su tutte: la festa di compleanno con il monologo di Filippo Timi/Clown orrorifero).
Ottimo tutto il cast. Curiosità: Alice e la sua amica/nemica Viola sono intrepretate da un Alba – la sempre più convincente Rohwacher – e un Aurora – Ruffino, unica scampata, e per fortuna, ai necessari cambi generazionali. Che sia anche questo un colpo di genio di Saverio Costanzo?
Nota a margine: qualcuno dica a Salvatores che quando si riferisce al cinema italiano con le parole che ha usato a Venezia, probabilmente parla per se stesso e per quelle porcherie che inanella una dietro l’altra……
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