Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
In principio era LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI libro anzi best seller e vincitore del Premio Strega, scritto dal giovanissimo fisico torinese Paolo Giordano. Oggi LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI film, diretto e sceneggiato (insieme allo stesso Giordano)dal bravo e talentuoso Saverio Costanzo. La trama è la storia di Mattia e Alice, dal 1984 al 2008, prima bambini, adolescenti e infine adulti. Mattia ha un segreto di nome Michela, la sua sorellina gemella; Alice una madre assente, un padre autoritario e assillante e un incidente sugli sci che l’ha resa claudicante. I traumi dell’infanzia si scontano tutta la vita, ti segnano – come nel caso di Alice – il fisico ma soprattutto la psiche, ti bloccano, ti trattengono le emozioni cristallizzandole. Si può essere dei geni, lodati e premiati, scappare, sposarsi, ingrassare o dimagrire fino all’anoressia ma certe ferite non si rimarginano. L’incontro di queste due solitudini anomale, non convenzionali, la loro personale condivisione del dolore ci comunicano che nel mondo c’è posto per tutti e l’affetto e l’amore possono trasmettersi anche in modo freddo e singolare, proprio come i “numeri primi” Mattia e Alice. Costanzo, al terzo lungometraggio, merita un plauso solo per essersi messo ancora una volta in gioco, si distanzia dal romanzo giovanilistico per creare un corpus a sé stante: alterna momenti di calma piatta e rarefatta a momenti di suspense notevoli (tutta la parte dell’infanzia e l’ultima mezz’ora con un’Alba Rohrwacher da Premio Oscar). Ottimo poi l’utilizzo attivo della musica: dal Morricone – ancora sublime – de L’UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO all’inedito dei Goblin, i brani pop e techno e le composizioni originali di Mike Patton. Lo stile e il montaggio sono ammirevoli, così come il reparto tecnico e gli attori: l’esordiente Luca Marinelli (Mattia adulto), il sempre bravo Maurizio Donadoni (il padre di Alice), il valore aggiunto Isabella Rossellini, il cammeo da “lupo cattivo” di Filippo Timi e tutti gli attori bambini e adolescenti, alcuni davvero inquietanti e straordinari. Eppure qualcosa non convince, non quadra nel complesso, forse un eccesso di algidità ne frena l’empatia o forse la troppa razionalità. Personalmente ne rimanderei la (re)visione più in là nel tempo.
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