Regia di François Ozon vedi scheda film
Una moderna fiaba, che il regista racconta con intelligente e briosa leggerezza.
C’era una volta, a Sainte Gudule, un uomo, Robert (Fabrice Luchini), convinto che il ruolo della donna fosse quello di un bel soprammobile decorativo, e prezioso, come un potiche nel salotto di casa.
Questo signore era anche convinto che il ruolo del maschio fosse quello di guadagnare per la famiglia e che il ruolo di un proprietario di fabbrica fosse quello del padrone dispotico, feroce nemico dei sindacati.
C’era una volta una donna bella e piena di vita, Suzanne (Catherine Deneuve) che aveva tentato di evadere dalla lussuosa prigione che Robert, il maschio marito e padrone aveva costruito attorno a lei, ma che alla fine ci aveva rinunciato, perché la maternità le aveva imposto prioritariamente un ruolo insostituibile.
Quella donna, ancora bella, ma un po’ appesantita, dopo aver allevato due figli, cercava di trovare qualche interesse che desse un senso alla propria vita e sembrava averlo trovato nella poesia, nel contatto con la natura, nel prendersi cura della salute di quel marito, invecchiato a sua volta, che continuava a esercitare, con padronale iattanza, le “sue” prerogative su di lei, sugli operai della “sua” fabbrica e anche sulla segretaria, che non era affatto “sua”. ma che non osava dirgli di no.
Siamo nel 1977, però, tempo in cui la fiaba moderna non permette che le cose continuino, in quel modo, all’infinito: il caso, talvolta dispensatore di giustizia, avrebbe costretto Robert a letto per curare una malattia e Suzanne a occuparsi della direzione dell’azienda di famiglia, con grande soddisfazione degli operai, che solo per merito suo avevano sospeso lo sciopero.
Nella fiaba moderna, c’è posto anche per il figlio, pronto a introdurre in quell’azienda la propria creatività, finora sottovalutata e persino per il sindaco comunista del paese di Sainte Gudule, Maurice Babin (Gerard Depardieu) che aveva avuto una breve storia con Suzanne e che ne era ancora innamorato.
Robert, guarito dalla malattia, ma non dalla presunzione e dalle pretese autoritarie, sarebbe tornato a rivendicare il suo ruolo proprietario, ma la nuova Suzanne, questa volta, avrebbe trovato il modo di affrancarsi, vivendo realizzata, felice e contenta.
Racconto brioso e spiazzante: il regista sembra divertirsi a rovesciare le attese degli spettatori, determinando l’alternarsi di effetti comici e malinconici, che conferiscono al film una straordinaria finezza: non è farsa e non è commedia sentimentale: è un film di Ozon, che ancora una volta, ridendo e scherzando, ci invita a riflettere sui ruoli e sulle convenzioni sociali, con molte invenzioni, levità e ironia.
Gli interpreti sono straordinari: la coppia Deneuve – Depardieu – ovviamente invecchiata dal tempi dell’Ultimo metro – è perfetta nel rievocare con grazia un passato non più proponibile, suggellato da un ultimo tenero ballo malinconico e sorridente. Robert ha avuto in Fabrice Luchini un grande e intelligente interprete e la grande Catherine che si è vista soffiare la Coppa Volpi a Venezia, è una spiritosa, garbatissima e ferma Suzanne.
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