Regia di John Carpenter vedi scheda film
Quando i grandi maestri dell' horror - perlomeno quelli in vita - tornano a dirigere in grande stile, non ci si può che rallegrare e coltivare una piccola speranza che il genere non sia definitivamente defunto. Certo, spagnoli, francesi e soprattuto i cineasti orientali fanno in modo che la linfa vitale del filone rimanga tale ma sulle centinaia di pellicole che si producono ogni anno, le eccezioni da salvare si contano sulle dita di una mano (massimo due). E' quindi con immenso piacere ed un certo conforto che s'archivia la visione di "The Ward", ovvero il ritorno dietro la macchina da presa del mitico John Carpenter a dieci anni dall'ultimo "Fantasmi da Marte". Personalmente avevo già gioito negli ultimi anni per il "Drag me to hell" di Raimi ed il "Diary of the dead" di Romero ma era con ansia che attendevo il nuovo lavoro del regista di "Halloween" ed "Il seme della follia" (giusto per citare un paio di titoli che hanno fatto storia) e alla fine, una volta tanto, posso affermare che le aspettative non sono rimaste deluse. Come giustamente sottolineato da FilmTv ed altrove, questo nuovo lavoro è un grande saggio di regia. Un film del terrore vecchio stile che inchioda il proprio spettatore in un meccanismo di tensione crescente che non ha bisogno di effetti speciali o grandi nomi nel cast per portare a casa il risultato. Gli incubi e le ossessioni di Carpenter, così come il suo cinema, sono popolate di luoghi sinistri, di luci che vanno e vengono, di suoni raggelanti e di movimenti di macchina mai banali che ti costringono ad addentrarti nei meandri più oscuri dell'animo e della mente umana. Vedere per credere il reparto psichiatrico in cui viene rinchiusa la bella (e brava) Amber Heard; una prigione fuori dal mondo in cui niente è come sembra e dove il male si annida nel buio e ti aspetta esattamente dietro l'angolo. Nonostante il soggetto su commissione, "The Ward" urla il nome del suo autore ad ogni inquadratura e, di virtuosismi con la macchina da presa, ce n'è per tutti i gusti: dai veloci piani sequenza alle vertiginose carrellate, dalla camera a terra alle panoramiche dall'alto. Tutto al posto giusto e al momento giusto come i tagli e le dissolvenze di un montaggio ineccepibile e di rara efficacia o come le musiche - firmate dallo stesso regista - che, come al solito, inquietano sempre e solo nei giusti frangenti. Tutto asservito ad una narrazione ad incastro che ipnotizza e disturba toccando anche tasti dolenti come la violenza sulle donne e la malattia mentale. Che altro dire a conferma che "The Ward" è un grande film di genere?? Ah, sì: nella comodità del mio divano, mi sono trovato a saltare con il cuore in gola almeno quattro volte. Trovatemi un altro titolo all'altezza.
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