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The Ward. Il reparto

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Ward. Il reparto

di FABIO1971
8 stelle

"Tutti hanno paura sempre delle stesse cose, ecco perchè i film horror e i thriller hanno un fascino universale: abbiamo tutti paura della morte, dell'ignoto, di perdere una persona amata... Qualunque cosa possa terrorizzarvi, fa paura anche a me".
[John Carpenter]

"Tu sembri avere una predisposizione per i guai: se fossi in te farei attenzione...".
[Danielle Panabaker a Amber Heard]


Ospedale psichiatrico di North Bend, Oregon, 1966: il reparto del titolo è quello dove viene spedita la giovane Kristen (Amber Heard) dopo aver dato fuoco a una fattoria: vi arriva ("Benvenuta in paradiso") in stato di shock e con il corpo martoriato da lividi e ferite, le assegnano la camera di una paziente morta e le impongono medicine e riposo. Non sa perchè si trova in ospedale e non ricorda nulla del suo passato: è soltanto decisa ad andarsene il prima possibile e non si fida delle cure del suo medico, il dottor Stringer (Jared Harris). E non è sola: tra le pazienti del reparto, infatti, ha conosciuto Sarah (Danielle Panabaker), Iris (Lyndsy Fonseca), Zoey (Laura-Leigh) ed Emily (Mamie Gummer) e, insieme a loro, tenta di scoprire quali misteri si nascondano a North Bend. Approfitta della prima occasione utile per tentare la fuga, ma viene subito catturata da Roy (D.R. Anderson), l'infermiere che, insieme all'odiosa Lundt (Susanna Burney), compone l'équipe del dottor Stringer: rinchiusa di nuovo nel reparto, Kristen finisce ben presto per accorgersi che ben più inquietanti e oscure presenze si annidano nell'ospedale. E allora incubi, schegge impazzite di ricordi del passato, allucinazioni, elettroshock, ipnosi, camicie di forza: la mente di Kristen va definitivamente in pezzi. Poi, una morte e altre ancora e un misterioso assassino e fantasmi e fughe dall'orrore, perduti per sempre nelle fauci della follia...
Scritto dai fratelli semiesordienti Michael e Shawn Rasmussen, The Ward - Il reparto segna il magnifico ritorno nelle sale di John Carpenter (solo i due episodi per Masters of Horror tra questo e il precedente Fantasmi da Marte), un nuovo, elettrizzante dono cinematografico alla sterminata schiera dei suoi fan, un gioiello di rielaborazione, di reiterazioni di incanti, di serenità di sguardo: Carpenter invecchia, riesce a realizzare soltanto due film in dieci anni, ma non è stanco e continua a pensare cinema, mai riconciliato, neanche nello sberleffo finale che chiude il film, e sempre fiero del proprio pessimismo. La maschera estetica dell'autoreferenzialità è la veste esaltante che concede ai cuori nostalgici dei suoi spettatori, ma lo sguardo "armato" della sua macchina da presa non ha smesso di volgersi verso le profondità degli abissi: non a caso Carpenter è sempre stato da questo "punto di vista", nella sua folgorante carriera, un esploratore dello spazio cinematografico, compresso o dilatato a seconda se vi si voleva asserragliare o far fuggire i suoi personaggi. In The Ward - Il reparto quello sguardo esplorativo si dimostra ancora affamato, divorando metri quadrati vitali alle sue eroine e opprimendole, ad esempio, in un montacarichi o in qualunque altro tenebroso anfratto, in un tripudio di riprese dall'alto, inquadrature oblique, dissolvenze incrociate, lunghe carrellate, improvvise accelerazioni e lente e inesorabili progressioni, senza alcuna ostentazione manieristica o il benchè minimo compiacimento formale, ma solo la folgorante espressione di un corpus filmico di cristallina purezza stilistica con cui esaltare magicamente la convenzionalità della vicenda narrata. Da un punto di vista essenzialmente horror (anche se siamo più dalle parti del thriller psicologico), The Ward - Il reparto dispensa sobbalzi e spaventi dal coinvolgente impatto spettacolare (Kristen e Emily nell'obitorio, la mano "dannata" che piove dall'alto come in Il seme della follia, gli orrori nel montacarichi o dietro l'oblò della porta), mentre suspense e tensione si snodano incalzanti con progressioni sempre sinuose e convincenti, inchiodando lo spettatore alla poltrona specialmente quando il "gioco misterioso" ("Ho sempre adorato giocare con il pubblico": parole di Carpenter...) inizia a schiudersi dal suo bozzolo per rivelare la propria natura più intima e inquietante.
Incipit favoloso, fotografia (di Yaron Orbach) e colonna sonora (di Mark Kilian) da urlo, splendidi titoli di testa (a cura dello Shadowplay Studio), una protagonista, Amber Heard, perfetta per bellezza e presenza scenica.
"Non mi piace il buio... Succedono cose brutte nel buio".

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