Regia di Paul Haggis vedi scheda film
Paul Haggis chiudeva il suo ultimo film con una bandiera americana issata al contrario. Sono passati tre anni ma nel frattempo nessuno è venuto in soccorso dell’America. Perché il Grande Paese di Haggis non può contare né sulla polizia di Crash, né sull’esercito stanziato Nella valle di Elah, e negli ultimi tre giorni si celebra il funerale non tanto del sistema giudiziario, quanto del Sogno americano. Il Sogno, ormai, risiede soltanto nelle pagine di Cervantes, è da lì che il protagonista trae la forza per sovvertire un sistema dove le istituzioni malate minano the quiet american way of life. Da questo punto di vista The Next Three Days è il film più forte di Haggis, ma, nel contempo, il meno riuscito dei precedenti. La discesa agli inferi di un uomo qualunque, per l’affermazione dei propri diritti, è trattata in maniera un po’ superficiale e l’esito dell’intera vicenda è alquanto improbabile. Inoltre Haggis si fa prendere la mano da qualche scena d’azione di troppo. Per contro il film può vantare dialoghi serrati e delle buone interpretazioni, su tutte, quella silente del redivivo Dennehy. Ma la cosa migliore del film è il rapporto, fatto di sguardi e complicità, che Haggis riesce a costruire tra il protagonista e la sventurata moglie. Ci sono attimi tra i due che toccano il cuore. Forse questa è la speranza dell’America... perlomeno del suo cinema.
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