Regia di Edgar G. Ulmer vedi scheda film
Intrecci pruriginosi, istinti primordiali, richiamo al gusto popolare: il cinema di Edgar G. Ulmer non è mai troppo lontano dalla letteratura d'appendice. Ma come il romanzo popolare è a volte capace di spiegare le ali e raggiungere impensabili vette artistiche, così Ulmer ci dimostra, melle sue opere migliori, che il genio può travalicare i condizionamenti imposti da budget miserevoli o tempi di realizzazione draconiani. A scanso di equivoci, però, e nonostante gli entusiasmi degli irriducibili ulmeriani, non sembra questo il caso di Venere peccatrice. Girato nello stesso anno di Detour (1946), Venere peccatrice appare come una felice eccezione nella carriera di Ulmer, che una volta tanto può lavorare con una star del calibro di Hedy Lamarr, e ne approfitta al meglio. Abbandonando la consueta stringatezza e il gusto dell'ellissi, Ulmer si lancia in un melodramma non privo di sfrangiature, che abbraccia gran parte della vita della protagonista. L'intreccio è costituito da un sostanziale susseguirsi di cattivi presagi contrappuntati da contrasti di luci e ombre di tipica filiazione espressionistica, ma i colpi di scena sono più annunciati o aspettati che reali. La Lamarr, artista di straordinaria bellezza ma con pochi film memorabili al suo attivo (la si ricorda ancora per lo più per Estasi, che la lanciò con scandalo) si produce qui nella sua personale versione di dark lady, e lo fa puntando sul suo fascino e sul suo repertorio, non cospicuo a dire il vero, di espressioni ammiccanti e sguardi assassini. I risultati sono apprezzabili, ma a volte il confine tra drammaticità e kitsch si fa pericolosamente labile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta