Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
Non un film da 7 Oscar, ma si lascia guardare.
Nella mia pur limitatissima esperienza di spettatore cinematografico, ho sviluppato una certa fobia per i film che sbancano in maniera bulgara agli Oscar (almeno, per quelli degli ultimi 30-35 anni: Dio conservi a lungo i capolavori pluripremiati del passato). Ho sempre la sensazione allarmante che siano film nati non dalla sensibilità autorale del regista, ma dalla volontà di impressionare le giurie: film fatti con lo scopo preciso di acchiappare gli Oscar, acchiappa-Oscar li chiamo (12 anni schiavo è probabilmente il peggior film che abbia mai visto, faccio coming out). Certo, non è corretto fare generalizzazioni, e ci sono - fortunatamente - esemplari che sfuggono a questo squallido crivello, ma altri, parecchi, ne rimangono fatalmente ingabbiati. La mia Africa del buon Sydney Pollack è fra questi. Pellicola confezionata decentemente, fotografia che lascia senza parole (e come potrebbe essere altrimenti?), colonna sonora fatta appositamente per stimolare i condotti lacrimali, melassa a profusione: lo sforzo autorale è ridotto al minimo sindacale, il regista fa il mignottone e porta a termine felicemente la propria missione, perché 7 Oscar non si vincono tutti i giorni. Cosa salvare? Diciamo che è un film migliore di quella copia maldestra, che mieterà quasi gli stessi successi agli Academy, che è Lezioni di piano. Almeno qui non cercano di spacciarci i personaggi per figure più buone e sincere di quello che sono. Anzi, se la storia d'amore tra Streep e Redford fa venire il latte alle ginocchia, i due personaggi, presi singolarmente, sono credibili e producono ottima empatia. Ma soprattutto è l'Africa che entra nel cuore, mentre nell'omologo neozelandese la natura si configurava come quinta teatrale senza essere protagonista del dramma. E' un continente unico, speciale. E si avverte in maniera totale anche la tragedia della contaminazione e dell'imbarbarimento delle popolazioni autoctone da parte dell'uomo bianco, assieme all'inconciliabilità del falso progresso promesso con le loro tradizioni. Il tentativo della Streep di intervenire con l'alfabetizzazione e con la vicinanza concreta ai nativi è una goccia nel mare: gli altri, solo guerra e schiavitù, hanno portato. E forse i riverberi li subiscono (e li subiamo anche noi) ancora oggi.
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