Regia di Mark Romanek vedi scheda film
Un bel film ispirato al romanzo Never Let Me Go di Kazuo Ishiguro, celebre scrittore anglo giapponese, premio Nobel per la letteratura nel 2017.
Il College di Hailsham, nel verdissimo Sussex inglese, è il teatro degli eventi evocati nel corso del film da Kathy H. (Carey Mulligam) diventata adulta.
In quel luogo, infatti, Kathy insieme ai suoi compagni Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley), aveva iniziato il percorso educativo, che si era in seguito perfezionato in un soggiorno nei cottages: strutture di campagna nelle quali tutti gli ospiti di Hailsham venivano inviati per conoscere il mondo, in attesa del completamento, al termine del quale gli scopi dell’educazione ricevuta si sarebbero realizzati.
Tutta l’attività della scuola appare alquanto strana: i ragazzini, che sono attentamente vigilati affinché non si facciano male o non si ammalino, vivono una intensa vita di relazione fra loro, ma non si possono allontanare dalla struttura scolastica, se non vogliono correre rischi tremendi per la loro vita, né ricevono visite dall’esterno; viene lasciato un certo spazio alla loro creatività, per arricchire la Galleria di una misteriosa signora (Charlotte Rampling) con disegni o dipinti che essi stessi producono.
Sarà una giovane insegnante a spiegare a questi bambini che lo scopo della scuola è farli diventare donatori d’organi, non essendo essi bambini “veri”, ma cloni che possono costituire una riserva da cui, in caso di bisogno, le persone “vere” potranno attingere.
Questi cloni, però, per quanto docili e rassegnati, da piccoli si fanno i dispetti, litigano, ridono, piangono, provano amicizia, si picchiano; da grandi provano simpatia per l’altro sesso e finalmente si innamorano, con le gelosie e le rivalità proprie di ogni amore: non sembrano quindi diversi dagli altri esseri umani.
La crudeltà della loro sorte si manifesta pienamente quando, diventati donatori, comprenderanno che è stata ed è loro impedita ogni progettualità, che i legami amorosi, che essi vorrebbero duraturi, si spezzeranno forzatamente e che non solo essi sono privi di qualsiasi parentela, ma che nessuna discendenza conserverà memoria del loro sacrificio. L’individuazione negata si esprimerà attraverso l’urlo finale di Tommy, urlo disperato alla luna, di chi sa di morire senza un perché, senza essere riuscito a decidere della propria vita e del proprio destino.
Il film è assai complesso e si presta a interpretazioni molteplici: una prima lettura sembra prospettare l’inquietante possibilità che l’egoismo individualistico dei nostri giorni, congiunto all’uso spregiudicato delle conoscenze scientifiche e tecniche, non arretrerà neppure di fronte all’orrore di produrre cloni umani allevati ed educati solo perché donino gli organi ai malati che se li possono permettere.
Altro, però, si può trovare nel film: l’allegoria di una società distopica diretta da una casta di privilegiati che ha reso schiava l’umanità al fine di sfruttarne il lavoro fino alla morte, non riconoscendo ai singoli né identità, né diritti neppure dignità: l’incubo del nazismo si ripropone in tutta la sua spietata ferocia.
Personalmente l’ho inteso, invece, come una riflessione sul destino dell’uomo, che fin dalla nascita è indirizzato a morire ineludibilmente, e che, tuttavia, alla morte non è mai preparato poiché gli sembra di non aver ancora realizzato quanto aveva in mente. A questa interpretazione, secondo me, ci autorizzano le parole di Kathy verso la fine del suo racconto: ”tutti completiamo un ciclo…forse nessuno ha compreso veramente la propria vita, nè sente di aver vissuto abbastanza”.
Un invito, perciò, a riflettere sulla vita sulla sua breve durata, sulla difficoltà di scorgere un senso che giustifichi le sofferenze che a tutti, prima o poi, toccano dolorosamente.
Il film, che è ispirato dall’omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro, lo scrittore londinese di origine nipponica, ci emoziona e ci fa riflettere, permettendo alle nostre diverse interpretazioni di non escludersi a vicenda, poiché diventano vere e plausibili nel racconto teso dell’ottimo regista e dei suoi ottimi attori, specialmente di Carey Mulligam e Andrew Garfield.
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